Fuochi d'artificio in pieno giorno

Bai Ri Yan Huo

4/5
Forse indulge troppo nelle ellissi, ma il noir del cinese Yinan Diao convince assai: Orso d'Oro a Berlino 2014

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CINA 2014
Cina del Nord, 1999. In una piccola città vengono scoperti diversi cadaveri. Nel tentativo di catturare il presunto assassino, due poliziotti muoiono e un altro resta gravemente ferito. L'agente superstite è Zhang Zili che, sospeso dal servizio, trova lavoro come guardia di sicurezza in una fabbrica. Cinque anni dopo, si verifica un'altra serie di misteriosi omicidi. Con l'aiuto di un ex collega, Zhang decide di indagare per conto proprio e scopre che tutte le vittime erano collegate a Wu Zhizhen, una giovane donna che lavora in una tintoria. Fingendo di essere un cliente, Zhang comincia a osservarla e ben presto se ne innamora. Poi, in un freddo giorno d'inverno, l'ex poliziotto fa una scoperta terribile e la sua vita viene messa in serio pericolo...
SCHEDA FILM

Regia: Yinan Diao

Attori: Liao Fan - Zhang Zili, Kwai Lun-mei - Wu Zhizhen, Wang Xuebing - Liang Zhijun, Wang Jingchun - Rong Rong, Yu Ai Lei - Capitano Wang, Ni Jingyang - Su Lijuan

Sceneggiatura: Yinan Diao

Fotografia: Dong Jingsong

Musiche: Wen Zi

Montaggio: Yang Hongyu

Scenografia: Liu Qiang

Altri titoli:

Black Coal, Thin Ice

Durata: 106

Colore: C

Genere: THRILLER DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 4K, DCP (1:1.85)

Produzione: QU VIVIAN, WAN JUAN PER OMNIJOI MEDIA CORPORATION, BONEYARD ENTERTAINMENT CHINA, CHINA FILM GROUP, JIANGSU OMNIJOI MOVIE

Distribuzione: MOVIES INSPIRED (2015)

Data uscita: 2015-07-23

TRAILER
NOTE
- ORSO D'ORO COME MIGLIOR FILM E ORSO D'ARGENTO PER IL MIGLIOR ATTORE (LIAO FAN) AL 64. FESTIVAL DI BERLINO (2014).
CRITICA
"Orso d'oro come miglior film alla Berlinale nel 2014, Orso d'argento come miglior attore al suo protagonista Liao Fan. Troppa grazia? Al contrario. Malgrado il ritardo con cui esce nel nostro mercato sempre più miope e inospitale, 'Fuochi d'artificio in pieno giorno' è una rivelazione. Oltre che uno dei rari film d'autore cinesi di oggi ad aver avuto un grande successo in patria (...). La ragione è semplice, anche se in Cina nulla è mai veramente semplice. 'Black Coal Thin Ice' (così il titolo internazionale) è un giallo in piena regola che non si fa certo mancare la critica sociale ma la travasa negli elementi classici dei noir Usa anni 40-50. Irrobustendo ulteriormente il tutto con una durezza, un senso dell'assurdo e uno humour noir molto contemporanei. (...) basta vedere i tempi insieme lenti e improvvisi con cui rovescia una situazione, condannando a morte quelli che sembravano i vincitori, o quel bellissimo balletto finale, un misto indescrivibile di gioia e disperazione, per capire che questa storia di delitti efferati, ambientata in un'anonima e nevosa città di provincia, è destinata a restare. (...) Dialoghi avari, personaggi scolpiti, stile ellittico ma solidissimo. Nella Cina del film amore e sentimenti sono fatti puramente, brutalmente fisici. La solidarietà non esiste, (...) il ghiaccio del titolo è insieme metafora e elemento scenico che ispira tutta una coreografia del delitto e del sospetto. Un film sorprendente quanto eloquente che non parla solo della Cina ma di quell'immensa, sconfinata, indistinta provincia mondiale che ricorda tanto anche la nostra." (Fabio Ferzetti', Il Messaggero', 25 luglio 2015)

"Sugli schermi del cinema e della televisione odierni le storie di crimine sono il genere largamente predominante; inflazionato, perfino, ma con varianti rare rispetto al repertorio già noto. Varrà la pena, allora, di fare la conoscenza con 'Fuochi d'artificio in pieno giorno', un noir diverso da tutti gli altri (...). Benché si tratti di un noir del tutto insolito, non è difficile riconoscere nei personaggi principali due figure archetipiche del genere nella sua declinazione occidentale: il detective disilluso e scorticato vivo, che vive sul filo del rasoio, e la donna fatale che porta gli uomini alla perdizione. E non fa meraviglia che un regista cinese, Ynan Diao, abbia citato in proposito esempi come i film con Humphrey Bogart, 'L'infernale Quinlan' o 'Il terzo uomo' (di cui il suo contiene una citazione palese ). A lui infatti, alla faccia di tutto il repertorio di squadre speciali e polizie scientifiche dei telefilm correnti, non interessa tanto la soluzione del caso criminale, quanto piuttosto i destini dei protagonisti, creature solitarie e marchiate dalla vita. Tuttavia la singolarità non risiede qui, e neppure in una certa attitudine a seminare false piste, o a mettere lo spettatore dinanzi a situazioni impreviste (i misteriosi fuochi d'artificio che esplodono sopra polizia e pompieri): sta invece nello stile visivo, fatto di immagini ipnotiche e magnificamente padroneggiate. In ambienti che variano dall'oscurità del carbone al nitore da brivido dei paesaggi ghiacciati, tra piste di pattinaggio, gallerie minacciose, locali notturni surreali come quello che dà il titolo al film, è tutto un susseguirsi di scene stupefacenti dove le immagini (nitide, interamente a fuoco, sempre attente a sfruttare la profondità di campo) fanno un mix di rara suggestione con un ambiente sonoro cui la regia non attribuisce importanza minore che a quello visivo. E qui si pone un potenziale - ma stimolante - contrasto tra le situazioni cupe, che tendono generare un progressivo turbamento nello spettatore, e una certa freddezza programmatica, o piuttosto un distacco stilistico che potrebbe essere scambiato per indifferenza morale. Perché il vero senso del film sembra risiedere, alla fine, nella folgorante cine-genia che il regista sa proiettare su un tessuto urbano fatiscente, tinto di colori estremi, trasfigurato da un uso delle luci geniale come ci è capitato raramente di vederne." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 23 luglio 2015)

"(...) classico poliziesco che ci si aspetterebbe prodotto a Hong Kong e che, invece, arriva dalla Cina. Il regista, in questo caso, ha scelto la via più commerciale, mettendo da parte quella più autoriale che, paradossalmente, gli aveva fruttato premi meno importanti dell'Orso d'Oro (...). II film oltre a cercare di divincolarsi dalle maglie strette dell'autorialità, si smarca anche dalla presa fatale della censura. (...) Zhang sembra possedere tutti gli ingredienti richiesti quando si prepara il protagonista di un racconto noir. In realtà, da un personaggio come Zhang ci si aspetterebbe qualcosa di più che una sbronza o un amplesso rude. E l'impressione è che lungo il tragitto il regista sia stato colto da nausea e rigurgiti di autorialità tali da farlo oscillare continuamente tra un cosiddetto racconto alto e uno popolare, senza con ciò intraprendere un percorso personale e originale. (...) Wu Zhizhen, il nome della donna, è il personaggio che completa il quadro. Mancava, infatti, la dark lady, la femme fatale capace di far scendere agli inferi Zhang (...). Con questi due tipi, Diao Yinan, amico di Jia Zhang-ke e Yu Lik-wai, vorrebbe imbastire una trama fatta di orrori, colpi di scena e sesso, finendo per approdare in un più introspettivo film sulle relazioni interrotte, su una solitudine radicale, impossibile da sconfiggere. (...) La soluzione del caso, e la storia di Wu Zhizhen sono dei passaggi obbligati per chiudere il film. Mentre la Cina o, meglio, quella parte del nord, resta lontana sullo sfondo, visibile come i fuochi d'artificio in pieno giorno." (Mazzino Montinari, 'Il Manifesto', 23 luglio 2015)

"(...) il terzo lungometraggio del 46enne Diao Yinan è splendido: potente dello sguardo consapevole e appassionato del suo regista, è un detective-movie mescolato al melodramma con chiare 'interferenze' nel cinema sociale. L'espansione economica cinese costa cara ai suoi cittadini sempre sottoposti a crescenti e pericolose contraddizioni che certo non sfuggono agli occhi di chi fa cultura e cinema: anche alla luce di questo, 'Fuochi d'artificio in pieno giorno' si impone tra le migliori produzioni della Cina contemporanea, 'profetiche' come solo le autentiche espressioni artistiche riescono ad essere." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 23 luglio 2015)

"Sconsigliabile a chi il thriller lo predilige rozzo e duro, ma consigliabilissimo a chi apprezza il «noir» quando si presta a una seconda lettura. Qui è evidente e appassionante. Tra le pieghe del giallo un'evidente allusione alla Cina odierna, sospesa in un limbo forse senza fine." (Giorgio Carbone, 'Libero', 23 luglio 2015)