Laurel, consulente finanziaria a Wall Street, di fronte all'ennesimo rifiuto di promozione a favore di un collega maschio, decide di licenziarsi e di mettersi in proprio. Tuttavia gli affari vanno male, ed allora Laurel, consigliata anche dall'amica Sally, si inventa un partner d'affari, il leggendario Robert S. Cutty. Succede quindi che lei tratta con alcuni importanti clienti sempre a nome di Robert, del quale, alla richiesta di incontri, dice che è impegnato e non ha tempo libero. Quando anche la stampa comincia a chiedersi come mai questo Cutty non appaia mai in pubblico, interviene la Commissione Federale e Laurel è messa alle strette. Finalmente Cutty compare, parla ai giornalisti, ottiene grande successo e viene invitato a ritirare un premio nel club esclusivo degli uomini d'affari. Ma al momento del discorso di ringraziamento, Cutty si toglie la maschera e appare Laurel che svela l'inganno. Grande sconcerto tra tutti, prima che le qualità della donna siano finalmente apprezzate e ricompensate col giusto riconoscimento.
SCHEDA FILM
Regia: Donald Petrie
Attori: Dianne Wiest - Sally Dugan, Jean De Baer, Miles Chapin, George Morfogen, Whoopi Goldberg - Laurel Ayres, Timothy Daly - Frank Peterson, Bebe Neuwirth - Camille Scott, Lainie Kazan - Cindy Mason, George Martin, Kenny Kerr, Eli Wallach - Donald Fallon, Helen Hanft, Lee Wilkof, Austin Pendleton - Aesop Franklin
Sceneggiatura: Nick Thiel
Fotografia: Alex Nepomniaschy
Musiche: Christopher Tyng
Montaggio: Bonnie Koehler
Scenografia: Andrew Jackness
Durata: 116
Colore: C
Genere: GROTTESCO
Specifiche tecniche: NORMALE A COLORI
Tratto da: ADATTATO DAL RACCONTO "EL SOCIO" DI JENNARO PRIETO
Produzione: FEDERIC GOLHAN, P. MARKEY, A. LEPZIG
Distribuzione: CECCHI GORI DISTRIBUZIONE (1997) - CECCHI GORI HOME VIDEO
NOTE
REVISIONE MINISTERO APRILE 1997.
CRITICA
Poteva essere più divertente e meno convenzionale il film di Donald Petrie, buon artigiano della commedia americana media: in realtà Funny money si dipana in una di quelle sceneggiature standard e troppo prevedibili che ormai affollano e condizionano gli studi delle majors. (Il Messaggero, Fabio Bo, 30/5/1997)