L'esilio è un abbandono, una solitudine terribile. In esilio ci si perde, si soffre, si scompare. Ma ci si può anche ritrovare. Nella terra delle parole, delle immagini, in un sogno che non è soltanto infantile. Il film è una meditazione sull'assenza; sulla solitudine interiore, geografica e politica. Ma è anche un tentativo per spiegare al ragazzo della Kampuchea Democratica (nome ufficiale della Cambogia tra il 1976 e il 1979) e all'adulto che non accetta le ingiustizie le ragioni e i motivi di una rivoluzione, mettendo in discussione la vera passione, ma anche l'ideologia in tutte le sue forme: gli slogan, gli archivi, i canti e i libri. "Exil" è una poesia, una lirica che intreccia i colori di oggi con le immagini di ieri, le voci, i suoni, i ricordi, dove le grida e i canti della condizione umana non cesano mai di tenerci svegli.
SCHEDA FILM
Regia: Rithy Panh
Attori: Randal Douc - Narratore (V.O., Sang Nan
Sceneggiatura: Rithy Panh, Agnès Sénémaud - collaborazione, Christope Bataille - commento
Musiche: Marc Marder
Scenografia: Mang Sarith, Sang Nan
Altri titoli:
Exile
Durata: 77
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: DCP (1:1.78)
Produzione: ARTE FRANCE, UNITÉ SOCIÉTÉ ET CULTURE, FABRICE PUCHAULT, CATHERINE DUSSART PRODUCTION (CDP), BOPHANA PRODUCTION-CAMBODIA
NOTE
- REALIZZATO CON IL SUPPORTO DELLA RÉGION ILE-DE-FRANCE, CON LA PARTECIPAZIONE DI: CENTRE NATIONAL DU CINÉMA ET DE L'IMAGE ANIMÉE FONDS D'AIDE À L'INNOVATION AUDIOVISUELLE DU CENTRE NATIONAL DU CINÉMA ET DE L'IMAGE ANIMÉE, PROGRAMMA MEDIA DELL'UNIONE EUROPEA; CON IL SOSTEGNO DI: BOPHANA CENTER CAMBODIAN FILM COMMISSION, MINISTÈRE DE LA CULTURE ET DES BEAUX-ARTS (CAMBODGE), FONDS IMAGE DE LA FRANCOPHONIE.
- IN CONCORSO AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016) NELLA SEZIONE 'UN CERTAIN REGARD'.
CRITICA
"(...) «Exil» è il titolo del nuovo, magnifico, film del regista cambogiano Rithy Panh (...). Ancora una volta alle prese con la sua terra, la Cambogia, e il genocidio perpetrato dal regime di PolPot. Ma non più come in «S 21 La machine de mort Khmere Rouge» o in «Il pezzo mancante», attraverso testimonianze e documenti storici, ma, al contrario, attraverso un meccanismo di spoliazione onirica del concetto di esilio. Visto come possibilità di perdita e di ritrovamento. Servendosi di un mélange tra immagini d'epoca e scenografie di un set cangiante dove «mettere in scena» i sogni, Panh esplora il concetto di esilio come ricordo (dei morti, della madre), ma anche come speranza." (Andrea Frambrosi, 'L'Eco di Bergamo', 14 maggio 2016)