La vita di Emily e Martin, una rampante coppia newyorkese, viene sconvolta quando il dottor Jonathan Banks, lo psichiatra di Emily, prescrive alla donna un nuovo psicofarmaco per curare una forma di depressione che avrà presto pericolosi effetti collaterali...
SCHEDA FILM
Regia: Steven Soderbergh
Attori: Jude Law - Dott. Jonathan Banks, Rooney Mara - Emily Taylor, Catherine Zeta-Jones - Dott.ssa Victoria Siebert, Channing Tatum - Martin Taylor, Vinessa Shaw - Dierdre Banks, Mamie Gummer - Kayla, David Costabile - Carl, Michelle Vergara Moore - Joan, Mitchell Michaliszyn - Ezra Banks, J. Claude Deering - Zach, Sheila Tapia - Avvocato di Emily, Polly Draper - Capo di Emily, Russell G. Jones - Jeffrey Childs, Sasha Bardey - Dott. Peter Joubert, Susan Gross - Susan, Vladimi Versailles - Augustin
Sceneggiatura: Scott Z. Burns
Fotografia: Steven Soderbergh
Musiche: Thomas Newman
Montaggio: Steven Soderbergh
Scenografia: Howard Cummings
Arredamento: Rena DeAngelo
Costumi: Susan Lyall
Effetti: Shade VFX
Altri titoli:
The Bitter Pill
Durata: 106
Colore: C
Genere: THRILLER DRAMMATICO
Specifiche tecniche: RED EPIC, REDCODE RAW (5K), D-CINEMA (1:1.85)
Produzione: LORENZO DI BONAVENTURA, GREGORY JACOBS, SCOTT Z. BURNS PER ENDGAME ENTERTAINMENT, DI BONAVENTURA PICTURES
Distribuzione: M2 PICTURES
Data uscita: 2013-05-01
TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO AL 63. FESTIVAL DI BERLINO (2013).
CRITICA
"Questo (...) dovrebbe essere l'ultimo film di Steven Soderbergh perché, arrivato a cinquant'anni, avrebbe deciso di lasciare il cinema per la pittura. La storia con cui adesso si cimenta, scritta per lui da Scott Burnes, uno sceneggiatore abbastanza noto a Hollywood, si ispira a quell'abuso di farmaci anti depressivi favorito spesso illegalmente da psichiatri disonesti in combutta con grandi case farmaceutiche. Facendo però polemiche solo implicite perché l'intreccio è costruito soprattutto come un thriller in cui la verità la si saprà solo alla fine dopo una serie di situazioni che toglieranno solo a poco a poco le maschere ad alcuni dei personaggi principali, astutamente collocati all'inizio tra gli onesti. (...) un groviglio di fatti, alla maniera di certi vecchi thriller hollywoodiani, in cui non è sempre facile districarsi non solo per quel gioco continuo che porta via via a scoprire il vero e il falso dei singoli protagonisti, ma per la stessa difficoltà del testo a far ordine attorno alle sue tante proposte, in cifre a volte che rischiano l'oscuro. Resterebbe la regia di Soderbergh alle prese con una storia non scritta da lui. Film interessanti in passato ce ne aveva dati parecchi, da 'Sesso, bugie e videotape', vincitore a Cannes della Palma d'oro, a 'Traffic', premiato con un Oscar, ai tre 'Ocean' che, nei primi Duemila, avevano ottenuto larghi consensi in platea. Qui però si è limitato a seguire molto da vicino i personaggi sostenendoli solo con le immagini che, da lui firmate ancora una volta con lo pseudonimo di Peter Andrews, ha poi sempre avvolto in luci scure, badando poco ai ritmi che l'azione invece pretendeva. Anche gli interpreti, pur tutti di fama, potevano forse darci di più. Lo psichiatra è Jude Law, all'insegna di un'ambiguità dosata con una certa sottile perizia. L'altra psichiatra è Catherine Zeta-Jones, privata di molti suoi carismi, l'uxoricida è Rooney Mara, una vittima alla fine non più solo per finta." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 10 maggio 2013)
"Steven Soderbergh, a spasso nei generi, lasciato lo strip maschile (ma tenutosi Channing Tatum), combina un thriller emozionante e originale che se la prende ora con la psicanalisi e gli psicofarmaci facili che tramutano in tragedia il dramma di una coppia in crisi. Tranquilli, l'antidepressivo è di fiction. Film tradizionale ma che tiene alta la guardia di sorprese, affronta un tema attuale, ci fa ammirare la Zeta-Jones e un freudiano Jude Law, mai così bravo." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 9 maggio 2013)
"Dal legal thriller al «chemical thriller». Dai tribunali alle case farmaceutiche. Ieri era il sistema giudiziario americano a fornire al cinema una riserva inesauribile di idee, personaggi, colpi di scena, sottintesi. Oggi la palla passa al tribunale dei media e della pubblica opinione, che fa di ogni dilemma scientifico (ogni problema sociale) un duello con due soli ruoli: colpevole o innocente, vittima o carnefice. Come se isteria e paranoia fossero patologie sociali (mediatiche) prima che personali. Se ne accorgerà, a sue spese, il dottor Banks (Jude Law), stimato psichiatra inglese che ha avuto la pessima idea di trasferirsi negli Usa (...). E finirà invischiato in un caso da manuale, di quelli che scatenano nei media l'irresistibile odore del sangue. (...) Soderbergh, che sulle prime sembra girare un po' in tondo, scopre le carte facendo della pista psichiatrica solo lo sfondo, sociale e morale, di un noir stile anni 40 proiettato in un mondo dove la felicità materiale, non psicologica, sembra diventata un obbligo sociale in nome del quale ogni infamia è possibile. L'ideale per un film acuto, accurato, incalzante, ma sempre stranamente, ostinatamente freddo. Che ribadisce l'incredibile capacità metamorfica di Soderbergh, e insieme la sua crisi (si ritirerà davvero?). Effetti collaterali del talento. E di una produttività senza pari." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 1 maggio 2013)
"Regista tra i più dotati ed eclettici della sua generazione, capace di spaziare dai vari Ocean's al monumentale 'Che', a volte Steven Soderbergh è svogliato. Anche qui, come in 'Contagion', racconta una storia potenzialmente ricca di implicazioni morali; ma poi, dopo un innesco particolarmente efficace, si lascia andare alle convenzioni del thriller hollywoodiano (pure molto ben confezionato) dallo sviluppo narrativo standard. II bel cast resta sottoutilizzato e anche Jude Law deve rinunciare alle ombre del suo interessante personaggio di psichiatra per lasciare al regista il tempo di sbrogliare la matassa." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 1 maggio 2013)
"Steven Soderbergh è un bugiardino: quando a Berlino 2012 presentò in concorso il divertentissimo 'Knockout' espresse l'intenzione di prendersi un anno sabbatico. Aveva lavorato come un forsennato per anni, la voglia di una vacanza era più che legittima. Detto e fatto: nei mesi successivi Soderbergh girò il modesto 'Magie Mike', sugli spogliarellisti di professione; poi a Berlino 2013 portò 'Effetti collaterali', ora in uscita sugli schermi italiani; e ha già pronto 'Behind the Candelabra', il film sul pianista «glamour» Liberace interpretato da un Michael Douglas già in odore di Oscar (verrà presentato in concorso a Cannes). Alla faccia del sabba! Steven Soderbergh è anche uno dei più importanti registi contemporanei. Probabilmente fa troppi film (33 regie ufficiali, compresi documentari e telefilm, in 24 anni di carriera sono un record) ma negli anni si è imposto come un grande eclettico, capace di alternare kolossal commerciali (la serie degli 'Ocean') a sperimentazioni estremamente personali (ad esempio, l'improbabile ma coraggioso remake di 'Solaris'). 'Effetti collaterali' si colloca a metà: è un film produttivamente importante, con un cast di divi o aspiranti tali, ma è anche un lavoro di denuncia che nella lunga filmografia del regista «fa scopa» soprattutto con 'Erin Brockovich', il film anti-inquinamento che portò Julia Roberts all'Oscar. Anche se qui non c'è un'eroina che parte lancia in resta contro il sistema: qui tutto è più torbido, e distinguere i buoni dai cattivi è molto difficile. (...) Rubando un termine caro a Hitchcock, l'Ablixa è un MacGuffin: il motivo apparente, la scusa, il tirante narrativo che ci trascina lungo il film. Il thriller farmaceutico è quasi un bluff, assai più di quanto lo fosse la lotta per la giustizia di Erin Brockovich nel film omonimo. Diremo di più: se dovessimo analizzare 'Effetti collaterali' dal punto di vista della verosimiglianza giuridica e dell'attendibilità scientifica, abbiamo il forte sospetto che non reggerebbe agli strali del pignolo o dello specialista. Ma mentre Soderbergh fa il gioco delle tre carte con l'Ablixa e le sue controindicazioni, ci fa balenare davanti agli occhi un «effetto collaterale» assai più importante: la difficoltà nel mettere a fuoco una verità indiscutibile, che si tratti di medicina, di economia, di politica (tutte inestricabilmente avvoltolate l'una nell'altra) o più semplicemente della dirittura morale delle persone. Banks è tutt'altro che un santo: ma proprio la sua mancanza di scrupoli lo rende un perfetto capro espiatorio per uno scandalo farmaceutico assai più grande di lui. E quella Siebert, si capisce subito che è una carogna... forse l'unico difetto di casting del film, non perché Catherine Zeta-Jones non sia brava (al contrario!), ma perché con quello sguardo da tigre assetata di sangue nessuno si fiderebbe di lei in una situazione di crisi. Film da vedere e forse da rivedere: perché alla prima visione uscirete dalla sala ponendovi molte domande. Ma con una certezza: non leggete i «bugiardini» degli psicofarmaci, consultate un medico di fiducia..." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 1 maggio 2013)
"Un film che nella prima parte si direbbe costruito proprio per entrare nel cuore dell'acceso dibattito che da tempo divide gli stessi scienziati. Se molti combattono l'uso e abuso di antidepressivi denunciandone le gravi ripercussioni (confusione, ansia, dipendenza) sulla salute; altri sembrano convinti che i vantaggi siano superiori ai disagi. Milita in questa seconda schiera lo psichiatra Jude Law, che ha prescritto con piena tranquillità una nuova pillola, la Ablixa (non esiste, però in Internet se ne possono trovare falsi lanci pubblicitari), a una paziente, Rooney Mara, le cui tendenze suicide si sono aggravate dacché il marito Channing Tatum, incarcerato per dolo finanziario, è uscito di prigione. (...) Mentre Law cerca di risalire la china in duro confronto con Catherine Zeta-Jones, ex psicoanalista della Mara, il copione di Scott Z Burns lascia il mondo farmaceutico sullo sfondo e imbocca la decisa via del thriller con morbosi quanto inattesi colpi di scena. I quali rischierebbero persino di apparire incongrui, se non fosse per il livello di qualità assicurato da un'impeccabile regia che, rallentando i ritmi, immerge situazioni e personaggi in un'ipnotica tensione; e da un concertato di interpreti tutti in parte: Law abile a condurre il personaggio sul crinale dell'ambiguità, la Mara inedita dark lady e la Zeta-Jones donna che sarebbe bene non inimicarsi." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 1 maggio 2013)
"Un thriller psicologico anni in stile anni ottanta, con un colpo di scena finale da noir classico e una protagonista (Rooney Mara) che piacerebbe molto a Hitchcock. Per quello che potrebbe essere il suo ultimo lavoro da regista (se si eccettua 'Behind the Candelabra', il film su Liberate realizzato per Hbo che vedremo presto a Cannes), Steven Soderbergh rielabora temi che gli sono cari (lo squarcio di un'umanità apparentemente incapace di gestire/manifestare le sue emozioni, la malattia del capitalismo, il cinema) in un racconto venato d'ironia in curioso equilibrio tra 'Psycho' e Woody Allen, e, ammette il regista, influenzato da 'Attrazione fatale' («Ho guardato a lungo il film di Adrian Lyne... Sapeva esattamente cosa stava facendo. E' molto ben diretto. Anche se in realtà gli anni ottanta sono stati un terribile periodo per il cinema Usa - il momento in cui le corporation hanno assunto il controllo di Hollywood»). (...) Solo velatamente legato al tema di fondo di 'Contagion' (il ruolo della grandi corporation nella ricerca medica e nella nostra vita di tutti i giorni) 'Effetti collaterali' è, per certi versi, un ritorno di Steven Soderbergh a un tipo di cinema di genere più «tradizionale», riconoscibile, dopo gli asciutti, ipercinetici, detour sprimentali di 'Magic Mike', 'Haywire' e 'The Girlfriend Experience'. Alla ricerca sul corpo, che attraversava tutti quei film, qui si sostituisce un piacere quasi fisico dell'intrigo narrativo e dei suoi meccanismi. In quel senso, forse 'Effetti collaterali' è un film più vicino alla giocosità patinata degli Ocean. Anche se, rispetto a quella Las Vegas tutta sfarzo e colori sgargianti, Soderbergh (come sempre anche alla fotografia con lo pseudonimo PeterAndrews) dà alla sua New York una qualità sonnambula, stupefatta - drogata? - che rende i personaggi quasi evanescenti. Come il regista newyorkese per eccellenza, Woody Allen (e a suo tempo Robert Altman), Soderbergh si è ritagliato un percorso autoriale off Hollywood ma può contare su un pool di star e attori di qualità che farebbe qualsiasi cosa in un suo film. Come Hitchcock ha un controllo sublime della forma e della suspense del racconto. 'Effetti collaterali' è meno emozionante, sperimentale, dei suoi ultimi film. Ma è una visione piacevolissima." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 1 maggio 2013)
"Piacerà agli appassionati dei gialli alla Hitchcock con belle signore in pericolo, falsi eroi e cattivi meno cattivi delle apparenze." (Giorgio Carbone, 'Libero', 1 maggio 2013)
"Parte come un dramma ma vira, a metà, verso il thriller il nuovo film di Soderbergh, che schiera un cast di grandi nomi. Il meccanismo è buono ma alcuni colpi di scena sono telefonati." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 1 maggio 2013)