Yusuf e Ivana non si conoscono, hanno storie diverse, sono diversi per nazionalità, età e cultura eppure in qualche modo sono simili.
1° episodio: Yusuf è un vetraio tunisino emigrato a Roma dove lavora come lavapiatti in un ristorante sul Tevere. Il giorno in cui prende la sua prima paga gli arriva dalla Tunisia una lettera-favola in cui sua figlia Saida gli racconta il dolore per la sua lontananza. Nel pomeriggio, mentre va alla posta per inviare a casa il suo stipendio, viene derubato da un polacco. Nel rincorrerlo cade e si ferisce alla testa. Lo soccorre Ivana mentre la polizia arresta il ladro nelle cui tasche, però, non c'è traccia dei soldi. Yusuf decide di non denunciarlo e la sera sulla riva del fiume risponde idealmente alla figlia spiegandole che non bisogna farsi sopraffare dalle brutture del mondo e sorride nello specchietto magico che gli ha regalato Ivana.
2° episodio. Ivana lavora come traduttrice. Dopo l'incontro con Yusuf ha lasciato l'insegnamento e si è isolata dal mondo nella sua casa sulla Casilina Vecchia dove, però, attraverso la segreteria telefonica la raggiungono le voci di sua madre, di alcuni amici e di un uomo che la molesta. Lea, una sua amica, decide di andarla a trovare e cerca di scuoterla, litigano ma poi superano le incomprensioni. Di notte l'uomo la chiama ancora al telefono, lei decide di rispondergli, gli legge una poesia di Emily Dickinson e gli chiede di non chiamarla più. Poi, in cucina gioca con una mela, presa da un desiderio di leggerezza.
SCHEDA FILM
Regia: Stefano Grossi
Attori: Stefania Orsola Garello - Ivana, Marcello Sambati - Yusuf, Adel Bakri - Ahmed, Simona Caramelli - Lea, Stefano Abbati - Il maresciallo, Gemma Marigliani - Rosa, Mario Patanè - Il barista, Giorgio Podo - Cristiano, Nisrine Hassak - Saida, Dario D'Ambrosi, Dara Deflorian, Giuliana Majocchi, Ivan Lucarelli, Piergiorgio Colangeli, Milutin Dapcevic
Soggetto: Daria De Florian, Stefano Grossi, Tiziana Colussi
Sceneggiatura: Stefano Grossi
Fotografia: Marcello Montarsi
Musiche: Alessandro Forti, Francesco de Luca
Montaggio: Graziana Quintalti
Scenografia: Paola Bizzarri
Costumi: Chiara Fabbri
Altri titoli:
Due come noi
Durata: 109
Colore: C
Genere: METAFORA
Produzione: LAURA CAFIERO PER METAFILM SRL
Distribuzione: ISTITUTO LUCE SPA
NOTE
- PRESENTATO AL 52° FESTIVAL DI LOCARNO (1999)
- IL FILM SI ISPIRA ALLA POESIA DI MONTALE "NON SI NASCONDE FUORI DEL MONDO CHI LO SALVA E NON LO SA. E' UNO COME NOI, NON DEI MIGLIORI."
CRITICA
"È un film austero e bello 'Due come noi, non dei migliori', opera prima del milanese Stefano Grossi presentata l'anno scorso al festival di Locarno. Il soggetto è diviso in due episodi, autonomi e intrecciati allo stesso tempo. Grossi, che insegna all'università di Genova e ha realizzato documentari per la Rai, dimostra come gli eventi normali, quotidiani possano essere caricati di significato attraverso l'azione combinata della partecipazione sincera e della capacità di tradurla in stile. In ciò l'esperienza nel documentario gli è certamente stata preziosa. 'Due come noi, non dei migliori' è un esordio più che promettente". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 6 maggio 2000).
"Ci ha messo quasi un anno per uscire nelle sale 'Due come noi non dei migliori', titolo che il colto Stefano Grossi, milanese, classe 1963, ha preso in prestito a un verso di Montale. E' il destino di tanti piccoli film italiani esposti ai capricci di un mercato che sembra aprirsi loro solo con l'arrivo della buona stagione, quando nessuno va più al cinema. Non che 'Due come noi, non dei migliori' possa ambire a incassi record, ma chi segue i nostri giovani autori potrebbe rintracciarvi qualche motivo di interesse (...) Rigorosamente fotografato da Marcello Montarsi, il film si perde in qualche sospensione estetizzante di troppo, e la citazione da Emily Dickinson magari suona un po' gratuita, programmaticamente arty; ma gli interpreti restituiscono l'ulcerata esistenza dei due personaggi con una nota di dolente partecipazione, dai risvolti junghiani nel caso della donna. Qua e là il loro silenzio è interrotto dai rumori di una Roma becera, estenuata, masturbatoria, che parlano più di tanti discorsi". (Michele Anselmi, 'L'Unità', 6 maggio 2000).