Nella Francia di oggi, Dobermann è un bandito che semina il terrore andando in giro a rapinare furgoni carichi di lingotti d'oro e banche. La sua banda assomiglia ad una congrega di pazzi furiosi, c'è Zanzara, nervoso e pronto ad estrarre la pistola appena qualcuno lo guarda storto, c'è Pitbull, gigante dall'aspetto gentile ora buono ora violentissimo, c'è il Padre, che spara granate e preghiere, ci sono Leo e Manu, due fratelli zingari, uno in stato di eccitazione, l'altro con molte fantasie sessuali, c'è Oliver, alias Sonia, studente di legge e travestito. E poi c'è Nat la zingara, la ragazza di Dobermann, muta, specializzata in esplosivi. Quando questa bella compagnia progetta un'ulteriore rapina in banca, il capo ispettore Christini non condivide i metodi morbidi della polizia e decide di passare all'azione. Secondo lui, la violenza dei banditi va combattuta con una violenza ancora superiore, infischiandosene di procedure e diritti. Così, tra sparatorie, assalti e feroci omicidi, Christini mette le mani su Dobermann. Ma, nel corso dell'inseguimento, cade dalla macchina e muore strisciando sull'asfalto. Quindi Oliver decide di non essere più Sonia, la banda fa un funerale alla parrucca e poi riparte per altre imprese.
SCHEDA FILM
Regia: Jan Kounen
Attori: Jean Lescot - Padre Di Sonia, Roland Amstuz - Jo Hell, Patrick Rocca - Clodarec, Ivan Merat-Barboff - Silverberg, Marc Duret - Baumann, Monica Bellucci - Nat, Antoine Basler - Zanzara, Chick Ortega - Pitbull, François Levantal - Leo, Romain Duris - Manu, Dominique Bettenfeld - Il "Padre", Stéphane Metzger - Sonia, Pascal Demolon - Lefevre, Vincent Cassel - Dobermann, Tchéky Karyo - Sauveur Christini
Soggetto: Joel Houssin
Sceneggiatura: Joel Houssin
Fotografia: Michel Amathieu
Musiche: Schyzomaniac
Montaggio: Benedicte Brunet
Durata: 99
Colore: C
Genere: THRILLER
Tratto da: LIBERAMENTE TRATTO DA "LA SAGA DI DOBERMANN" DI JOEL HOUSSIN.
Produzione: FRANCE 3 CINEMA - LE STUDIO CANAL PLUS - POLYGRAM
Distribuzione: MEDUSA FILM - MEDUSA VIDEO
NOTE
REVISIONE MINISTERO NOVEMBRE 1997
CRITICA
"Da un fumetto di Joel Hussin, un thriller convulso e zeppo di effettismi spesso gratuiti, ma non malvagio se uno decide di stare al gioco. Monica Bellucci supera se stessa. Cioè, stavolta non dice neppure una parola". (Giorgio Carbone, 'Libero', 27 gennaio 2001)
"Film terribilista meccanico-tecnologico, tentativo di dimostrare che quanto a estremismi e a brutalità i francesi non sono inferiori agli americani. Anche se è tratto dalla serie di romanzetti popolari 'Il Dobermann' di Joel Houssin, nella struttura, è molto simile a 'Dal tramonto all'alba' di Robert Rodriguez, scritto e interpretato da Quentin Tarantino: gangster paranoici impegnati in azioni criminali convergono in un locale notturno dove tutto si sfrena, si accanisce esplode in sangue, assassini tortura fughe, scontri; alla fine i sopravvissuti se ne vanno verso nuove imprese. Troppo poco per farne come è accaduto in Francia, il simbolo d'un cinema amorale, volutamente ignorante, senza pensiero, senza passato, senza memoria. Antipatico ma a suo modo divertente il film oltranzista puerile, ripetitivo, provincial-coloniale nella sua dipendenza dal cinema pulp americano, offre soltanto una prova della notevole capacità imitativa e tecnica del regista trentatreenne". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 novembre 1997)
"Nel tentativo palese di fondare una mitologia, 'Dobermann' disegna un universo eccessivo, vertiginoso, feticista, che dinamizza per direttissima quelli delle strisce a fumetti. I destinatari sono adolescenti e giovani in cerca di brusche scariche di energia: Kounen fa il suo film assumendo l'immaturità come un criterio, mettendo in fila le sequenze senza preoccupazioni di logica, organizzando insomma una forma vuota di immagini forti il cui solo scopo è elettrizzare la platea. Giocando al videogame o al flipper con le immagini, il giovane regista si preoccupa esclusivamente di mostrare le proprie capacità d'invenzione visiva, un virtuosismo che intuisci accuratamente programmato sullo story-board. Con queste premesse la violenza di 'Dobermann' è, sì, una violenza gratuita nel vero senso della parola. Moralismi a parte. I benpensanti che si scandalizzano fanno sempre un po' ridere, è vero. Però è anche vero che la violenza di Kounen priva di ironia (vedi Tarantino) come di necessità (vedi Kitano), è la più adatta a rafforzare i pregiudizi su questo tipo di cinema". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 22 novembre 1997)