Ottobre 2007. Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush viene assassinato a colpi di pistola dopo aver tenuto un discorso in un hotel di Chicago. Sullo sfondo delle proteste pacifiste contro la guerra in Medio Oriente e la paura per gli esperimenti nucleari della Corea del Nord, l'F.B.I. inizia le indagini per trovare i responsabili, ma il caso è destinato a restare insoluto.
SCHEDA FILM
Regia: Gabriel Range
Attori: Hend Ayoub - Zahra Abi Zikri, Brian Boland - Larry Stafford, Becky Ann Baker - Eleanor Drake, Robert Mangiardi - Greg Turner, Jay Patterson - Sam McCarthy, Jay Whittaker - Frank Molini, Michael Reilly Burke - Robert H. Maguire, James Urbaniak - Dottor James Pearn, Neko Parham - Casey Claybon, Seena Jon - Samir Masri, Christian Stolte - John Rucinski, Chavez Ravine - Marianne Claybon, Patricia Buckley-Moss - Dawn Newton, Patrick Clear - Adam Brock, Malik Bader - Jamal Abu Zikri, Tony Dale - Al Claybon
Sceneggiatura: Simon Finch, Gabriel Range
Fotografia: Graham Smith
Musiche: Richard Harvey
Montaggio: Brand Thumim
Scenografia: Gary Baugh
Effetti: Tim Zaccheo
Altri titoli:
D.O.A.P.
Durata: 90
Colore: C
Genere: THRILLER DRAMMATICO
Specifiche tecniche: HDTV, VIDEO (NTSC), DV, DIGITAL BETACAM, HDCAM, SUPER 16, 35 MM (1:1.85)
Produzione: BOROUGH FILM LTD., CHANNEL 4 TELEVISION CORPORATION, CHICAGO BOROUGH FILMS
Distribuzione: LUCKY RED (2007)
Data uscita: 2007-03-16
CRITICA
"La 'docufiction' del giornalista inglese Gabriel Range, che tanta ostilità ha già suscitato e continuerà a suscitare, ha sullo sfondo il modello di Peter Watkins, il regista britannico che fin dagli anni Sessanta è stato l'inventore di questo genere. Fantapolitico, fantastorico." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 16 marzo 2007)
"Una delle ragioni per cui da qualche anno a questa parte i documentari hanno sempre più successo andrebbe cercata in quel senso di soffocamento e sazietà che è cominciato a serpeggiare tra il pubblico verso un cinema che aveva perso ogni rapporto con il mondo reale per esaltare solo pseudomondi digitali e virtuali. A furia di inseguire immagini sempre più vere - ma in realtà finte - si è superato qualsiasi limite di credibilità spingendo il pubblico a rivalutare il caro, 'vecchio' documentario. I problemi (per il cinema) nascono quando anche queste due categorie - finzione e realtà - perdono senso, in nome di una contaminazione tra generi che non è dettata dalla voglia di superare i limiti artistici insiti nelle strutture narrative ma piuttosto dal desiderio di lasciare a bocca aperta lo spettatore. Costi quel che costi. Finendo così per cambiare le carte in tavola e usando le immagini non per 'raccontare una storia' ma per 'vendere' un qualche tipo di surrogato. Dei sentimenti, della passione, della gioia, del dolore. O anche della verità. 'Death of a President' ('Morte di un presidente') di Gabriel Range ha scelto quest' ultima strada e il risultato lascia perplessi. Ma non per il suo argomento, quanto piuttosto per l' uso che fa delle immagini e della loro forza evocativa. (...) Dalla sua il film ha la forza delle immagini, abilmente ritoccate o totalmente ricostruite (con un cast di volti sconosciuti ma decisamente efficaci), un impatto ideologico che finisce per chiedere allo spettatore di schierarsi pro o contro (ma mai di dubitare di quello che vede) e soprattutto la «trappola estetica» di una realtà falsa ma spacciata per vera, perfino nelle didascalie finali che prima di una ambigua presa di distanza da quello che lo spettatore ha appena visto insistono nel «certificare» come vero quello che è solo stato inventato dal regista. Confermandoci nel sospetto che lo scopo di un film così costruito non è quello di farci riflettere sui pregiudizi della politica americana di Bush e Cheney (che esistono, ripetiamo), ma di sfruttare la credulità cinematografica dello spettatore di fronte a immagini che sembrano documentarie e vendergli invece una (finta) verità fatta di slogan e luoghi comuni." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 16 marzo 2007)
"'Death of a President' mostra anche l'immediata manovra per trovare, o meglio fabbricare il colpevole ideale mettendo in mezzo il babau di turno, ovvero la Siria. Mostra Cheney dar vita a qualcosa che sa poco di giustizia e molto di manipolazione dell'opinione pubblica. Mostra insomma la spregiudicatezza di certa politica (in filigrana c'è il modo in cui Bush ha usato l'11 settembre per fare la guerra). E smonta, ricostruendole sotto i nostri occhi, le mille manipolazioni cui è soggetta quella che ingenuamente chiamiamo informazione. Un film sofisticato insomma, che mescolando vero e finto in varie proporzioni esige spettatori agguerriti. Ma è tutto fuorché facile o gratuito." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 marzo 2007)
"Il titolo è 'Death of a President' e in effetti del film di Gabriel Range s'è parlato solo perché immagina la morte violenta, fra sette mesi, di Bush. (...) Di pochi mezzi e molto acume, il filmino di Range è incisivamente, non provocatoriamente politico, e soprattutto non fantapolitico. Però l'attentato e la campagna pubblicitaria a colpi di lapidi mortuarie, utile all'eco mediatica, ha nuociuto alla serena valutazione del film, ispirato non dalla difesa del terrorismo, ma dalla difesa dal terrorismo, ma nell'ambito dell'habeas corpus." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 16 marzo 2007)
"'Morte di un presidente', del giovane regista britannico Gabriel Range, osa lì dove volano le aquile, quelle dei minacciosi vessilli statunitensi. Come Peter Watkins più di quarant'anni fa, in 'The War Game', raccontava le conseguenze di un attacco atomico all'Inghilterra, con lo stesso sfrontato coraggio lui mette in scena l'omicidio di George Walker Bush.Questo mockumentary, o come lo definiscono i detrattori fakumentary (il gioco di parole è tra mock, presa in giro, e fake, falso) è un brillante esempio di ucronia, di come la realtà potrebbe essere se un certo evento intervenisse a modificarla. Un fantarealismo in cui, a suo modo, anche Alfonso Cuaron si è cimentato con il suo 'I figli degli uomini'. Ma questo lavoro è ancora più potente e feroce. Mischia fiction e immagini di repertorio (10 minuti), mostrandoci l'incredibile possibilità di manipolazione a cui siamo sottoposti." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 16 marzo 2007)
"'Dead of a president, docu-fiction inglese di Gabriel Range costruita intorno all'assassinio di George Bush, arriva in Italia dopo polemiche e censure in Usa. In realtà è un oggetto meno interessante dell'idea stessa di farlo, sia dal punto di vista filmico che politico. Una produzione Film Four, questo falso thriller è una scommessa che flirta con l'idea dello snuff film, ma emozionalmente è piatto. Poche le risate (i clip del presidente non si prestano che a qualche ghigno forzato) e, un'ora e mezza dopo, è noia: l'idea non va sufficientemente in là : né come satira, né come fantapolitica. (...) La parte thriller è la più scontata e superficiale. E non regge nemmeno lontanamente il confronto con gli abusi, le menzogne e i sotterfugi a cui questo governo ci ha abituati ben prima del 19/10/2007 e del Patriot Act 3." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 16 marzo 2007)
"Nulla da eccepire sulla credibilità del finto documentario manipolato dal regista canadese Gabriel Range con brani di repertorio astutamente ripassati al computer, e bisogna anzi aggiungere che la prima parte del film costituisce un'analisi avvincente di tutto ciò che mettono all'opera i servizi si sicurezza per proteggere un leader in trasferta. Inclusa, ed è la nota più autoriale, l'ironizzazione sul fatto che basta il solito cecchino da un piano alto del palazzo di fronte (vedi tragedia di Dallas) a rendere inutili tante precauzioni. Il guaio è che dopo il fattaccio il film perde parte del suo interesse, avviandosi a una spiegazione del movente che, abbandonata la pista della trama nera, assume la riduttiva connotazione di una rivalsa a titolo personale. Dall'agghiacciante ipotesi fantapolitica, introducendo il risentimento di un padre che ha perso il figli nella guerra in Iraq, si scade insomma nella banalità della fiction." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 16 marzo 2007)
"Dal punto di vista del genere cinematografico, 'Death of a president' è un mockumentary, ovvero un finto documentario. Per esser più precisi trattasi di documentario storico di fantapolitica, un documentario di fantascienza. Ad esempio, 'The Wild Blue Younder' di Werner Herzog immagina nelle forme del doc un futuro negativo, una distopia, ma presto si trasforma in una favola ecologista, volo poetico, sogno dell'altro e di altri su questa Terra bastonata e blasfema. Altri registi in passato hanno inventato la formula. Fra tutti l'incredibile Peter Watkins che planava con troupe di giornalisti nei campi di guerra del passato. Ma l'esortazione e riflessione proposta da Watkins non trovano certo parallelo, spunto e citazione in quella del furbo Range. L'aspetto necrofilo, lugubre 'iettatorio' del film supera il tentativo di elaborazione e critica dell'informazione e del pregiudizio. E poi v'è da dire che l'assassinio di un presidente degli Usa dona a lui eterna gloria, coprendo misfatti ed errori politici." (Dario Zonta, 'L'Unità'. 16 marzo 2007)