Quando la specie umana si adatta a un ambiente sintetico, il corpo subisce nuove trasformazioni e mutazioni. Con la sua compagna Caprice, Saul Tenser, artista performativo famoso, mostra pubblicamente la metamorfosi dei suoi organi in spettacoli d'avanguardia. Timlin, un investigatore del National Organ Registry, segue ossessivamente i loro movimenti, quando viene rivelato un gruppo misterioso... La loro missione: usare la notorietà di Saul per far luce sulla prossima fase dell'evoluzione umana.
SCHEDA FILM
Regia: David Cronenberg
Attori: Viggo Mortensen - Saul Tenser, Léa Seydoux - Caprice, Kristen Stewart - Timlin, Scott Speedman - Lang Daughtery, Don McKellar - Wippet, Tanaya Beatty - Berst, Nadia Litz - Router, Lihi Kornowski - Djuna, Welket Bengue - Ispettore Cope
Sceneggiatura: David Cronenberg
Fotografia: Douglas Koch
Musiche: Howard Shore
Montaggio: Christopher Donaldson
Scenografia: Carol Spier, Dimitris Katsikis - Art Director
Arredamento: Dimitra Sourlantzi
Costumi: Mayoù Trikeriòti
Suono: Rob Bertola, Jill Purdy
Altri titoli:
Les Crimes du Futur
Durata: 107
Colore: C
Produzione: ARGONAUTS PRODUCTIONS S.A., NEON, SERENDIPITY PONT FILMS, BELL MEDIA, CBC FILMS, INGENIOUS MEDIA FILMS, TELEFILM CANADA, ROBERT LANTOS, PANOS PAPAHADZIS, STEVE SOLOMOS
Distribuzione: LUCKY RED
Data uscita: 2022-08-24
NOTE
- PRODUTTORI ESECUTIVI: CHRISTELLE CONAN, VICTOR HADDA, JOE IACONO, VICTOR LOEWY, THORSTEN SCHUMACHER, AIDA TANNYAN, PETER TOUCHE.
- LA PELLICOLA HA LO STESSO TITOLO DI UN PRECEDENTE FILM DI CRONENBERG DEL 1970 MA NON NE RAPPRESENTA UN REMAKE.
- LE RIPRESE SONO STATE REALIZZATE IN GRECIA PER COLPA DELLA PANDEMIA E DEI COSTI ECONOMICI TROPPO ELEVATI.
- IN CONCORSO AL 75. FESTIVAL DI CANNES (2022).
CRITICA
"Più che il remake della sua omonima opera seconda, uscita nel 1970, il film (...) realizza dunque una summa del suo cinema trasformando il body horror (divenuto di tendenza nel cinema fantascientifico degli anni Novanta) in body art estrema. Torna dunque il tema della malattia e delle contaminazioni fisiche come supremo gesto creativo, delle mutazioni come provocatoria riscrittura del proprio corpo, che resta dunque al centro della riflessione di Cronenberg, la magnifica ossessione del suo cinema, dove l'arte si fa prolungamento poetico della chirurgia. (...) Certo, oltre alla scena iniziale (...) altri momenti del film non potranno lasciare indifferenti lo spettatore, come quelli in cui i corpi vengono aperti per mostrare gli organi che lo abitano da sempre, e quelli nuovi da estrarre. Tanto più che il vecchio sesso è stato soppiantato da un nuovo erotismo che passa proprio attraverso tagli e dissezioni. Cronenberg però non ha mai amato la provocazione fine a se stessa, quella che spinge il pubblico a ridere di trovate "oscene" (...) e anche le immagini più disturbanti sono al servizio della storia che si vuole raccontare. Con questo non vogliamo dire però che quello di Cronenberg sia un film riuscito. Già definita un'«opera testamentaria», come emerge anche dal finale, per il suo desiderio di fare il punto su tutta la produzione del regista, 'Crimes of the Future' è affascinante, ipnotico, misterioso, ma anche appesantito da dialoghi estenuanti che trasformano il film in un vero e proprio saggio filosofico per immagini. Forse tutto quello che aveva da dire, Cronenberg l'ha già detto nei suoi film precedenti, che in ogni festival suscitavano scandalo e polemiche (...) La capacità del regista di essere ancora attuale è fuori discussione: la sua fantascienza, anziché inseguire l' immaginario profetico di un futuro improbabile, è rimasta ancorata al corpo umano e alle sue incessanti evoluzioni dettate dalla necessità di adattarsi a un ambiente sempre più tossico e ostile. Non c'è alcun senso di trascendenza nella visione che Cronenberg ha di questi corpi, eppure certe domande che si pone sul destino del genere umano ci portano in una dimensione totalmente metafisica. Innegabile che, se paragonato ai mondi disegnati nei suoi film migliori attraverso contorni nettamente definiti, quello notturno, buio e cupo che emerge questa volta resta confuso e respingente." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 24 maggio 2022)
"(...) il nuovo 'Crimes of the Future' ('Crimini del futuro', che riprende il titolo del suo film del 1970 ma con una radicalità più dirompente) lascia sottopelle un'inquietudine che va ben al di là di quello che mostra e che racconta. Siamo in un futuro non ben definito, dove dalla primissima immagine di una nave piegata su un fianco, si capisce che l' umanità ha perso la voglia di riparare i guasti che ha provocato: case sbrecciate, metalli corrosi e arrugginiti, un senso diffuso di povertà e miseria. Un'atmosfera che ha influito anche sull'uomo, modificando nel profondo la sua stessa fisicità. (...) Ci sono un paio di scene che potranno urtare spiriti particolarmente sensibili ma è piuttosto con l'equazione tra mutazioni corporali e pulsioni erotiche che Cronenberg sembra volerci interrogare. Molto meno gore di altre volte ma più sottilmente inquietante, il film trascina lo spettatore in un labirinto di parole da cui esce con improvvise esplosioni di sessualità mettendo lo spettatore di fronte a spinte autodistruttive a cui non si preoccupa di dare giustificazioni (come faceva il piacere del rischio in 'Crash', per esempio) ma che costringono a scavare dentro le più nascoste pulsioni del proprio desiderio. E che ci lascia col dubbio su un futuro che non sembra certo prossimo ma che non è detto sia così tanto lontano." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 24 maggio 2022)
"Il corpo come realtà ultima nell'era della totalità virtuale. (...) David Cronenberg torna alle radici con un film che riprende i temi più profondi della sua opera - dai primi mediometraggi, a cui si richiama il titolo di quest'ultimo lavoro, al body horror di 'Videodrome' e 'Existenz', agli strumenti ginecologici di 'Inseparabili' alla sessualità lancinante di 'Crash'- e li porta più avanti, in modo sia rigoroso che commovente. (...) Il mondo di 'Crimes of the Future' è un mondo esausto, dalle cui ceneri forse scaturirà qualcosa di nuovo, di altro. (...) 'Crimes of the future' riposiziona l' esistenzialismo che attraversa tutto il cinema cronenberghiano, la dialettica dell'identità e della mutazione, cosa significa farsi altro (o, nel caso dell' amore, darsi a un altro) in un modo che va aldilà della sua fascinazione per il rapporto tra umanità e tecnologia. In direzione sia più radicale che limpida." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 24 giugno 2022)
"L'idea del film è questa: gli esseri umani stanno mutando, alcuni producono nel proprio corpo nuovi organi sconosciuti (..). Nonostante le voci di svenimenti e malori (chiamasi marketing), 'Crimes of the future' non sposta di un palmo la soglia del visibile, nel cinema di Cronenberg e nell' horror tout court. Il canadese ha fatto ben di peggio in passato, da 'Brood' a 'Videodrome' . E il film ha un serissimo problema che si lega proprio alla natura del genere, alla sua immortalità: è pieno di dialoghi che in gergo si definiscono "spiegoni", sembra più un saggio che un film. Invece l' horror non muore mai perché è una macchina nubile: non deve spiegare. Altri generi, dal western al musical al film di guerra, devono giustificare le narrazioni e "chiuderle" in maniera credibile. L horror no. Non ha limiti e non ha obblighi. A Cronenberg va il merito di aver azzerato mostri, zombie e vampiri e di aver portato l' orrore dentro di noi, nel nostro corpo. Ma al cinema sarebbe meglio farne spettacolo, non filosofia." (Alberto Crespi, 'La Repubblica', 24 maggio 2022)
"(...) l'idea, di per sè, non era malvagia: Cronenberg ha provato a immaginare un futuro all'insegna del transumanesimo dove la chirurgia ha sostituito il sesso. (...) ma onestamente, non c'è molto altro: preso dalle provocazioni splatter, Cronenberg si dimentica di costruire l'universo del suo film, di inserire una denuncia che vada al di là del "non va bene giocare al dottore" o degli stereotipi sull'(in)voluzione umana. Manca quella che in gergo si chiama visione e, detto a uno chiamato David Cronenberg, suona paradossale. Eppure è così. Esistono i film sbagliati e i film inutili. 'Crimes of the future' è entrambe le cose." (Francesca D'Angelo, 'Libero', 24 maggio 2022)
"L'autore canadese, 79 anni, torna a frequentare il body horror, sottogenere di cui è considerato pioniere, che esplora il terrore dell'uomo di fronte alla mutazione, ma anche la fascinazione. «La chirugia è il nuovo sesso», sussurra l' ambigua burocrate Kristen Stewart, e i personaggi traggono piacere dalla mutilazione, dal reciproco squarcio dei corpi, estrazione degli organi. Deludendo le aspettative di scene insostenibili e fughe dalla sala, 'Crimes of the future' non è un horror e nemmeno uno scandalo. Piuttosto, «l' evoluzione dei temi affrontati nel suo cinema, la tecnologia come estensione di potenzialità che il corpo umano possiede già (...)»." (Arianna Finos, 'La Repubblica', 24 maggio 2022)
"David Cronenberg torna alle radici con un film che riprende i temi più profondi della sua opera - dai primi mediometraggi, di cui questo echeggia il titolo, al body horror di 'Videodrome' e 'Existenz', agli strumenti ginecologici di 'Inseparabili', alla sessualità lancinante di 'Crash' - e li porta più avanti, in modo sia rigoroso che commovente. (...) 'Crimes of the Future' rivendicava un' idea di cinema forte, libero, indipendente, apolide e profondamente fisico, sia nel gesto che nelle idee. Costretto a girare in Grecia per via dei costi e della pandemia, Cronenberg non si è però lasciato sedurre dalla palette mediterranea. Il mare - nemmeno azzurro - si vede a malapena all'inizio del suo nuovo Crimes of the Future (il primo era del 1970), nell' immagine apparentemente innocente di un bambino che gioca vicino all' acqua. Dopo avere stemperato quel momento di serenità in un crimine orribile, il regista canadese lascia che il suo nuovo film si snodi sepolcralmente sullo sfondo di rottami di navi arrugginite, stradine strette e deserte costeggiate di palazzi decrepiti, corridoi che sembrano quasi delle catacombe. Quando non è nero di notte, il cielo è un tetto grigio, opprimente. Il mondo di 'Crimes of the Future' è un mondo esausto, dalle cui ceneri forse scaturirà qualcosa di nuovo, forse no. (...) In realtà 'Crimes' riposiziona l'esistenzialismo che attraversa tutto il cinema cronenberghiano, la dialettica dell'identità e della mutazione, cosa significa farsi «altro» (o, nel caso dell' amore, darsi a un altro) in un modo che va aldilà della sua fascinazione per il rapporto tra umanità e tecnologia. In direzione sia più radicale che dolorosamente disillusa. L' elemento nuovo insidiatosi nel corpo del bambino che giocava sulla spiaggia, e di cui si nutrono i membri di un gruppo underground che entra in contatto con Stenser, non è il prodotto di una tecnologia che ne avrebbe ampliato le funzioni pur complicandone l' identità. È invece una materia nera, dura, opaca e morta come un pezzo di plastica. Crimes of the Future è la fine del mondo." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 24 agosto 2022)
"Utilizzando il titolo di un suo precedente film del 1970, con il quale ha in comune solo il fatto di affrontare «crimini del futuro», il regista canadese 79enne è tornato a esplorare l' evoluzione umana e le mutazioni del corpo in relazione alla tecnologia (...). Il controverso, cupo e disturbante lungometraggio - va detto, però, non così riuscito e a tratti persino piatto - è ambientato in un indefinito futuro, che sembra non essere poi così lontano, in cui «the surgery is the new sex», ossia «la chirurgia è il nuovo sesso». Gli esseri umani stanno imparando ad adattarsi al loro ambiente sintetico, alterando la loro struttura biologica, in modo sia naturale, che chirurgico, mentre i loro corpi subiscono metamorfosi e mutazioni, diventando persino arte.(...)". (Giulia Bianconi, 'Il Tempo', 24 agosto 2022)