Agosto 1944. Nell'alba di una Firenze liberata dai tedeschi, il signor Dieci, un ex manager di boxe, compone una squadra pugilistica. Un'idea vincente: organizzare una tournée pugilistica, per guadagnare dei soldi ma soprattutto per mangiare qualcosa. La tournée inizia e in guerra si fanno dei curiosi incontri: un disertore nero americano che viene prima acquistato da una famiglia di contadini con la speranza di intascare una ricompensa e che, poi, viene cooptato nel team pugilistico. Altro incontro è costituito da una giovane collaborazionista che si è concessa ai tedeschi e per questo è stata rapata a zero. Una piazza di paese è il teatro della prima esibizione.Anche se le cose non vanno secondo i disegni di Dieci, la rappresentazione procura comunque una borsa: ortaggi, formaggi, salumi. Un ospedale da campo americano è la sede del successivo incontro. Gli americani riescono ad essere ipervitaminizzati e ben alimentati anche in periodo di guerra e l'incontro è disastroso. Ma gli Americani sono generosi e così Dieci e i ragazzi ripartono dal campo con il camion carico di derrate alimentari. La breve tournée può considerarsi conclusa: con la borsa americana c'è da vivere un mese e più senza il problema della fame. Asmatico più del solito il camioncino arranca verso Firenze, ma ad un passaggio a livello una bella casellante chiede ai nostri un passaggio. Questa volta è con entusiasmo che i ragazzi la accolgono a bordo e l'entusiastica accoglienza provoca la gelosia della rapata che sta per abbandonare il gruppo, quando viene fermata dal nero disertore. Ma l'entusiasmo per Wilma, la nuova passeggera, è breve, la ragazza li coinvolge in un'altra terribile avventura. Giunti nel casale dove si celebrano le nozze di Drago, eroico comandante partigiano, la casellante ex fidanzata respinta, non esita a lanciare per vendetta una bomba a mano. Per lei e per i nostri è la condanna a morte. Ma per Drago è un giorno di festa, e così tutto finisce in una burla. Firenze è poco lontana. Il camioncino è sempre più provato, ad un tratto sembra esalare l'ultimo respiro. Il nero disertore invita tutti a spingere e il motore sembra riprendere vita. Tutti lo rincorrono, ma il negro non si ferma per raccoglierli e solo testa di rapa con un balzo riesce a saltare sul camioncino con le preziose derrate. Sulla stessa piazza di Firenze dove era partita la tournée i nostri si ritrovano derubati e sconfitti. Uno dei ragazzi cerca ancora di corteggiare la casellante, ma la ragazza se ne va così come è apparsa. Dieci si dice pronto ad una nuova tournée, ma i ragazzi dichiarano di non volerlo più vedere. Ognuno se ne va per la sua strada, con la consapevolezza che quell'ultimo episodio di una gioventù che deve far presto, nell'Italia della ricostruzione, a farsi maturità rimarrà comunque come qualcosa da raccontare e che, attraverso il filtro del tempo, assumerà toni sempre più nostalgici.
SCHEDA FILM
Regia: Mario Monicelli
Attori: Paolo Villaggio - Dieci, Paolo Hendel - Rag. Fortini, Massimo Ceccherini - Gino Martini, Béatrice Macola - Testa di rapa, Novello Novelli - Zingaro, Antonella Ponziani - Wilma, Eva Grimaldi - Topona, Elijan Raynard Childs - Washington, Stefano Davanzati, Vittorio Rap - Callicchero, Vittorio Benedetti, Marco Graziani - Calamai, Sergio Pierattini, Giuseppe Oppedisano - Taddei
Soggetto: Rodolfo Angelico
Sceneggiatura: Mario Monicelli, Suso Cecchi d'Amico, Piero De Bernardi, Leo Benvenuti
Fotografia: Tonino Nardi
Musiche: Alessandro Mannozzi, Renzo Arbore
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Scenografia: Franco Velchi
Costumi: Lina Nerli Taviani
Durata: 118
Colore: C
Genere: GROTTESCO
Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI
Produzione: PENTA FILM, OFFICINA CINEMATOGRAFICA
Distribuzione: PENTA FILM - PENTAVIDEO, MEDUSA VIDEO (PEPITE)
NOTE
- REVISIONE MINISTERO MARZO 1994.
CRITICA
"Doveva chiamarsi 'Bazza di vetro', come il racconto autobiografico di Rodolfo Angelico da cui è tratto. Oppure 'Gnocaut' variante maccheronica di 'Knock-out'. Ma i distributori hanno messo il veto, e così ecco 'Cari fottutissimi amici', titolo ammiccante per un film che con 'Amici miei' ha in comune solo la struttura picaresca e corale (ricorrente in Monicelli, da 'La grande guerra' a 'L'armata Brancaleone'). (...) Qualche passaggio, come il prologo fiorentino o l'episodio al campo militare americano (dove i toscani scoprono con disgusto 'una via di mezzo fra il petrolio e l'ascella', chiamata Coca-Cola), è più felice degli altri. Qualcosa convince meno anche perché i ragazzi, per quanto simpatici, restano dei non attori, Monicelli stranamente non sfrutta occasioni d'oro come la ragazza travestita da ragazzo, e qua e là filtra qualche stecca di puro gusto televisivo. Ma nella Toscana esaltata dalla luce di Tonino Nardi, qui purtroppo al suo ultimo lavoro, e in quel finale ripreso da 'I soliti ignoti' ('Addio ragazzi, meno ci vediamo e meglio è'), vibra l'eco di un cinema che è stato grande." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 marzo 1994)
"Una cronaca più amara che non comica, tratta da un racconto autobiografico di un ex pugile, Rodolfo Angelico, e sceneggiata, insieme con lo stesso Monticelli, da Suso Cecchi d'Amico e Benvenuti e De Bernardi. Ha, spesso, umori sapidi, con tentativi efficaci di far la morale su un epoca in cui, nonostante la miseria, la gioia di esser rimasti vivi rendeva tutti più indulgenti. I personaggi, però, a parte quello dell'allenatore al centro con il suo segno e i suoi colori, sono spesso un po' approssimativi, gli episodi che a ripetizione il coinvolgono rivelano, salvo qualche eccezione vitalità scarse e l'umorismo che vorrebbe qua e là attraversarli è non di rado sopraffatto da cifre aride, che non facilitano né la riflessione, né il riso." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 5 marzo 1994)
"Nei suoi 113 minuti di proiezione, 'Cari fottutissimi amici' ricapitola infatti le situazioni classiche dell'avventura on the road talvolta azzeccando l'effetto comico, più spesso sprecando l'occasione (la finta esecuzione al muro impartita dal capo partigiano comunista). Ma nel sottofinale malinconico, con il saggio 'capocomico' che boxa sotto il sole con l'ombra di se stesso dopo essere stato depredato di tutto, Monicelli sfodera un guizzo registico d'alta classe, mostrandoci quello che sarebbe potuto essere il film se fosse stato scritto e girato meno a tirar via (quel banjo della 'Eko' grida vendetta). La squadra degli interpreti si adegua all'atmosfera amabilmente vernacolare della storia, sulla quale giganteggia un Paolo Villaggio in forma smagliante: il suo Dieci, così dolce, crepuscolare e ottimista, è il maestro che tutti vorremmo avere." (Michele Anselmi, 'L'Unità', 6 marzo 1994)