Wellman Santee, ex corridore automobilista ora camionista addetto al trasporto di vetture sportive rubate, finisce in prigione per l'assassinio di un poliziotto che l'ha fermato nel deserto del Nevada mentre il secondo camionista e suo vecchio amico Eddie è rimasto ucciso.Del delitto Santee è tuttavia innocente: a sparare ad Eddie e all'agente sono stati il tenente di polizia Severance ed il suo collega Rudisill, capitati sul posto, in combutta per spartirsi denaro. Sfuggito in carcere ad un attentato (che Severance ha programmato) e rocambolescamente dileguatosi, Santee ha giurato di vendicarsi, sequestrando una giovane donna, Rita Marek, e con lei mettendosi in fuga sulla sua automobile. Dai dintorni di Los Angeles, dove Severance lavora nella Squadra Omicidi, attraverso il deserto del Nevada, indi sulle asperità della Sierra e nella aridità del parco di Joshua Tree, Santee effettua la sua folle corsa, inseguito da Severance e da Rudisill più un nucleo di agenti al comando dello sceriffo Cepeda. Rita poco a poco passa dalla paura e dal rancore all'attrazione, poiché in lei si fa strada la certezza che quell'omone taciturno sia stato condannato a torto e che a danno di Wellman vi sia una losca macchinazione. Frattanto Sante fa una strage di sgherri nel deposito di automobili di un socio e complice denominato il "lustrascarpe", per recuperare i dollari che gli spettano dal traffico; indi preleva un'automobile Ferrari e l'accanito Severance lo tallona guidando una sportiva Lamborghini sui vertiginosi rilievi della Sierra Nevada. Malgrado inseguitori ed elicotteri Sante riesce a sfuggire, mentre Rita gli si fa più tenera, tenendogli sempre nascosto il fatto di essere una poliziotta. Per mano del camionista muoiono i due poliziotti cattivi in una sparatoria su picchi e rocce dove, lasciate le lussuose vetture sulle piste polverose, i malvagi e lo stesso Santee, benché ferito al fianco, sono riusciti ad arrampicarsi. Infine, la sfortunata Rita - dopo aver smascherato i due poliziotti - riveste la sua divisa senza poter dimenticare quel gigantesco sequestratore dagli occhi di ghiaccio, con cui ha passato giorni di paura e di corse folli.
SCHEDA FILM
Regia: Vic Armstrong
Attori: Dolph Lundgren - Santee, George Segal - Severance, Kristian Alfonso - Rita Marrick, Geoffrey Lewis - Sceriffo Cepeda, Beau Starr - Rudisill, Michelle Phillips - Esther, Charlie Holliday - Agente Hins, Jason Ross-Azikiwe - Agente Macher, Bert Remsen - Woody Engstrom, Rondi Reed - Invest. Chelsley, Victor Quintero - Poliziotto Motocicl., Richard Piemonte - Poliziotto Motocicl., Michael McNeilly - Infermiere, Larry Marks - Poliziotto, Ken Blazer - Guardia Trasferimenti, Ronnie Rondell - Poliziotto Magazzino, Tony Epper - Guardia Trasferimenti, Marcus Brown - E. G., Nick Chinlund - Vicesceriffo Tomay, Jeffrey J. Dashnan - Poliziotto Caffe', Mary Ingersoll - Giornalista, Khandi Alexander - Maralena, Ken Foree - Eddie, Dana Dru Evanson - Conducente Autobus, Dan Wynands - Poliziotto Caffe', Tim Dezarn - Poliziotto Magazzino, Doug Shetlar - Infermiere, Peter Spellos - Proprietario, Edward Stone - Investigatore Jordan, Jimmy Woodard - Portiere Motel, Sigal Diamant - Benzinaio, Matt Battaglia - Michael Agnos, Anita Brabec - Vicesceriffo, Michael Paul Chan - Jimmy Shoeshine
Soggetto: Steven Pressfield
Sceneggiatura: Steven Pressfield
Fotografia: Daniel L. Turrett
Musiche: Joel Goldsmith
Montaggio: Paul Morton
Scenografia: John Jay Moore
Costumi: Richard La Motte
Effetti: Ken Estes
Altri titoli:
Army of One
Durata: 95
Colore: C
Genere: POLIZIESCO
Specifiche tecniche: SCOPE
Produzione: ILLANA DIAMANT, ANDY ARMSTRONG PER EPIC PRODUCTIONS INC., LIVE ENTERTAINMENT, VISION INTERNATIONAL, ZILEX N.V.
Distribuzione: FOX - 20TGH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT
NOTE
REVISIONE MINISTERO LUGLIO 1993.
CRITICA
"C'è del marcio sotto il distintivo del tenente Severance (George Segal: sarcastico e amorale), e la giustizia farà il suo tormentato corso un po' come in 'L'uomo nel mirino' di Clint Eastwood, ma a ruoli ribaltati e con un finale fin troppo sbrigativo. Ad alzare la temperatura spettacolare del film, in genere piuttosto tiepida, contribuisce per fortuna l'unica vera sequenza d'azione di 'Caccia mortale': un epico putiferio di spari, fiamme e sangue degno di miglior causa e unico segnale che sulla sedia della regia - almeno momentaneamente - qualcuno deve aver preso posto."
('Il Messaggero', 18 agosto 1993)
"Diretto come film di esordio da un ex cascatore, Vic Armstrong, che, al suo attivo, ha anche le regie delle seconde unità di film come 'Total Recall' e 'Terminator 2'. Si corre, ci si batte, si fa a pugni, si lanciano le auto alle velocità più pazze (i deserti dell'Arizona sono la cornice ideale) e alla fine, dopo l'ultimo violentissimo corpo a corpo con il fiato sospeso, si sancisce la vittoria del "buono". Come si sapeva dall'inizio. Di Dolph Lundgren è inutile continuare a ripetere la vacuità. Si crede Schwarzenegger ma ne è solo una pallida copia. Stupisce invece di trovare al suo fianco George Segal, un tempo attore raffinato anche in ruoli comici. Qui, come cattivo, deve solo sfoderare un po' di grinta, ma lo fa di malavoglia." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 21 settembre 1993)
"E' una trama che fa acqua da ogni parte in quanto alla verosimiglianza, ma è da prendersi come un fumetto. La psicologia ha la stessa verità delle battute nelle nuvolette, e lo stesso attore dai grandi bicipiti si atteggia a eroe di carta, non tenta neppure il processo espressivo. Quando gli si presenta l'occasione di studiare in tv i veri duri come Humprey Bogart in 'Una pallottola per Roy', ahimè, si addormenta. All'attivo del film, costato molto, specie in Ferrari, stanno due scene d'azione, un lungo eccidio quasi biblico in villa in cui il nostro si salva contro decine di nemici, infine l'inseguimento finale con Bene e Male sulle spyder; cui segue l'ultima sfida, la vecchia ruggine, ed ecco i pugni, poi il burrone, la mano appesa schiacciata, eccetera. Tutto secondo copione, con la vittoria di Santee e della sua bella preda, nel frattempo sciolta tra le sue braccia ma fedele alla missione." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 18 agosto 1993)