Iraq. In seguito all'attacco perpetrato ai danni di un convoglio l'autista americano Paul Conroy si troverà rinchiuso in una bara e in possesso solo di un accendino e di un cellulare. In una disperata lotta contro il tempo Paul, in debito di ossigeno e assalito dal panico, cercherà di liberarsi dalla trappola mortale.
SCHEDA FILM
Regia: Rodrigo Cortés
Attori: Ryan Reynolds - Paul Conroy, Robert Paterson - Dan Brenner (voce V.O., José Luis García Pérez - Jabir (voce V.O., Stephen Tobolowsky - Alan Davenport (voce V.O., Samantha Mathis - Linda Conroy (voce V.O., Warner Loughlin - Donna Mitchell/Maryanne Conroy (voce V.O., Ivana Miño - Pamela Lutti (voce V.O., Erik Palladino - Agente Speciale Harris (voce V.O.
Soggetto: Chris Sparling
Sceneggiatura: Chris Sparling
Fotografia: Eduard Grau
Musiche: Víctor Reyes
Montaggio: Rodrigo Cortés
Scenografia: María de la Cámara, Gabriel Paré
Costumi: Elisa de Andrés
Effetti: Álex Villagrasa
Durata: 94
Colore: C
Genere: THRILLER
Specifiche tecniche: 35 MM (1:2.35)
Produzione: VERSUS ENTERTAINMENT, THE SAFRAN COMPANY, DARK TRICK FILMS, STUDIO 37
Distribuzione: MOVIEMAX
Data uscita: 2010-10-15
TRAILER
CRITICA
"A una matita, un cellulare, un accendino è affidata la salvezza di un lavoratore civile americano in Iraq, un autotrasportatore rapito e nascosto, in attesa del riscatto, in una cassa di legno seppellita sotto la sabbia del deserto. Il film, tutto girato nella cassa quasi in tempo reale, è una vera sfida: ben riuscita, di gran tensione sino al colpo di scena finale. La parte più angosciosa riguarda il telefono che serve a nulla. Lui chiama per cercare aiuto: gli interlocutori non rispondono o non capiscono, lo mettono in attesa, pretendono che digiti questo e quello, hanno lasciato un messaggio, sono occupati, lo invitano alla calma, lo abbandonano." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 15 ottobre 2010)
" 'Buried-Sepolto', che è a suo modo proprio un film sull'Iraq anche se 'non si vede nulla' - appunto - perché dal primo all'ultimo fotogramma siamo chiusi insieme al protagonista Ryan Reynolds in una cassa sepolta chissà dove, proprio in Iraq. Non è una scelta da poco, anche politicamente. Rinunciare alle immagini significa svuotarle di significato, diffidarne, disinnescarle. Ma soprattutto è una vera sfida. Chi ha chiuso il 'contractor' (un semplice camionista, non un combattente) in quella cassa? Come potrà convincere qualcuno ad aiutarlo se non ha idea di dove si trovi? E come si fa un film con un attore solo, chiuso in uno spazio angusto con un videotelefonino e un accendino per unici compagni? Lo spagnolo Rodrigo Cortés, che nelle interviste cita l'Hitchcock di 'Lifeboat' e 'Nodo alla gola', manda allegramente all'aria la verosimiglianza concedendosi di tutto: zoom, carrellate, sapienti effetti di luce. Nella cassa ci sta lui, mica noi. Ogni mossa è lecita se giustificata da psicologia e racconto. E poi in fondo basta un cellulare e il mondo intero può entrare fra quelle assi di legno. Magari ci volevano musiche meno retoriche e Cortés poteva credere almeno un attimo al potere del vuoto, concedersi un tempo morto o un lampo di oscurità reale. Però anche così, con uno script (di Chris Sparling) incalzante come un perfetto radiodramma, 'Buried' funziona benone, come certi vecchi episodi di 'Ai confini della realtà'. Anche se il meglio, più che sul piano politico, è nei tocchi di 'black comedy'. Le conversazioni surreali con gli operatori dei vari call center sono da antologia dello humour noir. Ma la telefonata più horror viene da un nemico che non concede tregue: il datore di lavoro. In fin dei conti le guerre le fanno quelli come lui." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15/10/2010)
"Quando si è sparsa la notizia che al Sundance Film Festival un film completamente ambientato in una cassa sotto terra era diventato un vero e proprio caso cinematografico, erano in molti a chiedersi come potesse una storia del genere tenere inchiodati gli spettatori alle poltrone. Invece è proprio così. 'Buried - Sepolto' di Rodrigo Cortés assomiglia a un thriller di Hitchcock pur svolgendosi tre metri sotto la sabbia del deserto. (...) La claustrofobia regna sovrana, ma senza raccontare l'esito della vicenda diciamo solo che a seppellire Paul non è solo la sabbia, ma soprattutto una spietata burocrazia." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 15 ottobre 2010)
"Dire claustrofobico è poco: il film si svolge in una bara, ma la trovata si smagnetizza in fretta, non produce brividi (compiangiamo, non soffriamo) non ci coinvolge alla sorte di Ryan Renolds, autista yankee sepolto in Iraq con una matita, il telefonino, l'accendino, ma poco ossigeno. L'equilibrismo tecnico somatizza diffuse nevrosi ma il classico di Corman da Poe risveglia insuperati ricordi. Nel buio sotto terra si può imprecare, star zitti o pensare a Bach sempre adatto." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 18 ottobre 2010)
"Piacerà a chi va al cinema per rimanere incollato per 90, 100 minuti alla poltrona e quando trova pane per i suoi denti non sta lì a sofisticare se il regista per tener alta la suspense ogni tanto è ricorso ai colpi bassi. E magari è incappato in qualche incongruenza (la storia è girata in tempo reale ma i minuti del film sono evidentemente superiori a quelli respirabili da Conroy). Se siete su questa linea d'onda, converrete che: 1) 'Buried' (sepolto) è il più suspensful film dell'anno; 2) che Ryan Reynolds è un signor attore e non solo il bambolotto delle commedie con Sandra Bullock; 3) che Rodrigo Cortes è la miglior giovane scoperta registica dell'anno." (Giorgio Carbone, 'Libero', 18 ottobre 2010)