Dopo aver militato per due anni nell'esercito, il giovane Danila Begrov torna a casa in una cittadina di provincia. La vita però è grigia e con poche prospettive. La madre anziana lo incoraggia ad andare a trovare il fratello maggiore Victor e così Danila, con in testa solo la passione per un ben determinato gruppo rock, arriva a San Pietroburgo, dove Victor vive da anni e sembra abbia fatto fortuna. Poco tempo dopo il suo arrivo, Danila capisce che Victor fa il killer per conto della mafia, tuttavia non reagisce, anzi accetta di mettersi al suo fianco. Incaricato di un compito delicato, Danila viene ferito; un'autista di tram, Sveta, lo soccorre e lo porta a casa sua. Ma Victor è ormai nel mirino di un boss, detto "il poeta", e invita il fratello a collaborare per eliminarlo. Da quel momento Danila comincia ad organizzarsi il "lavoro": tra una frequentazione e l'altra di una ragazza che si droga e di un gruppo di emarginati che vivono accampati, Danila inizia un rapporto con Sveta, il cui marito è in carcere. Uccide poi due sicari, mentre il poeta fa violentare Sveta per mettersi in contatto con il ragazzo. Finalmente i due si trovano faccia a faccia, e Danila implacabile elimina il boss e gli altri sicari. Infine va da Sveta, trova il marito che è tornato, spara anche a lui, ma poi viene cacciato. Allora fa l'autostop, sale su un camion, dice al conducente che si è appena congedato e che è diretto a Mosca.
SCHEDA FILM
Regia: Aleksei Balabanov
Attori: Sergej Bodrov Jr. - Danila, Viktor Sukhorukov - Viktor, Svetlana Pisjmitchenko - Sveta, Maria Zhukova - Kat, Yury Kuznetsov - Tedesco
Soggetto: Aleksei Balabanov
Sceneggiatura: Aleksei Balabanov
Fotografia: Sergei Astakhov
Musiche: Slava Butusov
Montaggio: Marina Lipartiya
Scenografia: Vladimir Kartashov
Costumi: Nadezhda Vasilyeva
Effetti: Yuri Vybornov
Durata: 95
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: STW FILM COMPANY GOSKINO - RUSSIA
Distribuzione: ISTITUTO LUCE (1999)
CRITICA
"Lo stile si fa specchio e tenta un aggiornamento di una cinematografia come quella russa attraverso ironici inserti tarantiniani e il faro lungo del 'Taxi Driver' di Scorsese". (Francesco Lalli, 'Segnocinema', settembre 2000)
"Presentato a Cannes nel '97, premiato al Film Festival di Torino, 'Brother' di Alexei Balabanov è un amaro ritratto della Russia postcomunista, un Paese smarrito e in crisi di identità, che ha perso la suo innocenza ma non ha rinunciato alla sua anima. Raccontato attraverso brevi capitoli che si concludono puntualmente con un fondo oscurato, 'Brother' è un film che se da una parte denuncia il processo di americanizzazíone del Paese - San Pietroburgo come la Chicago degli anni '20 - dall'altra innesta il taglio asciutto e il ritmo dei filone gangsteristico di Hollywood nella profonda malinconia dell'animo slavo". (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 3 ottobre 1999)
"La spariamo? Spariamola: 'Brother', di Alexei Balabanov, sta al dopo-Cecenia un po' come 'Il cacciatore' stava al dopo-Vietnam. Anche se tanto Cimino era barocco ed espanso, tanto Balabanov lavora di allusione e di sottrazione, pur se con i modi del miglior noir. (?) Proiettato sullo sfondo del più orrido neoconsumismo fra spot, jeep e griffes, illuminato da un episodio sentimentale secco e senza speranza come tutto il resto, costellato di personaggi minori e digressioni che incrociano humour e pathos, Dostoevskij e il gangster-film, 'Brother' disegna un antieroe memorabile. Anche grazie a Sergei Bodrov, figlio dei regista omonimo, già protagonista dei 'Prigioniero del Caucaso'. La Russia della mafia e del caos postsocialista ha trovato il suo film. Limpido, pacato. E atroce". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero, 13 settembre 1999)
"Balabanov strappa emozioni più per come mostra un'ex Leningrado fetida e piovosa, che per come impagina le sequenze d'azione. Ma il film è encomiabile anche per lo stile secco, e per l'aurea durata di 95 minuti. Sergej Bodrov è bravissimo, ma non è da meno Viktor Suchomkov nel ruolo del fratello fedifrago. In quanto al gruppo rock dei Nautilus, di cui Danila è grande fan, esiste davvero: fin dai tempi dell'Urss, anche la nuova Russia sembra non averli dimenticati". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 27 agosto 1999)