Un giovane uomo caduto dal cielo fugge dalla città e si rifugia in mezzo alla natura. Così ha inizio la leggenda del principe alla ricerca di un amore...
SCHEDA FILM
Regia: Vimukthi Jayasundara
Attori: Thusitha Laknath, Kaushalya Fernando, Huang Lu
Sceneggiatura: Vimukthi Jayasundara
Fotografia: Channa Deshapriya
Musiche: Lakshman Joseph De Saram
Montaggio: Gisèle Rapp-Meichler
Scenografia: Lal Harindranath
Costumi: Kanchana Thalpawila
Altri titoli:
Tra due mondi
Durata: 80
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: LES FILMS HATARI, UNLIMITED, ARTE FRANCE CINEMA, FILM COUNCIL PRODUCTIONS
NOTE
- IN CONCORSO ALLA 66. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2009).
CRITICA
Dalle note di regia: "Sono ben consapevole di ciò che la natura produce come ad esempio paesaggi ed emozioni. Il film ci ha fatti fuggire dalla città, popolata di segni e di violenza - a sua insaputa Rajith intraprende una sorta di viaggio spirituale - per condurci in un ambiente (la campagna, poi la montagna) dove la vita non è una cosa ovvia, dove i segni sono invisibili, dove può nascere la sensazione dell'ignoto, del mistero, dell'orrore, dove si inizia ad avvertire che tutto è stato ed è sempre possibile per gli esseri umani. La città rende folli, ma la natura forse è anche peggiore, risveglia il passato, le leggende. E' testimone di ogni cosa, ci parla costantemente, rinvia ai miti, stimola il nostro immaginario e i nostri fantasmi. E' anche luogo di una grande violenza. La natura non smette di respingere, di rinascere là dove l'uomo costruisce, non la si può controllare. In questo senso ci isola, ci precede e ci succede.
"Il regista classe 1977 Vimukthi Jayasundara, che oggi vive tra Parigi e Colombo ed è stato scoperto a Cannes grazie all'opera prima 'La terra abbandonata', vi svolge un vero poema sinfonico di paesaggi campestri, luci, simbolismi ed evocazioni temporali." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 08 settembre 2009)
"Con il cingalese Vimukthi Jayasundara e il suo 'Ahasin Wetei' (Tra due mondi) si sente tutta la lontananza tra l'universo poetico e mitologico dello Sri Lanka e i nostri ridotti strumenti culturali. La storia di un giovane che fugge dalla violenza della Città per rifugiarsi nel mistero della Natura è raccontata con immagini di cui si intuisce il significato ma di cui sfuggono complessità e riferimenti e alla fine la sensazione di estraneità, nonostante la forza di alcune scene, è fortissima." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 08 settembre 2009)