A Giulia cade il mondo addosso quando suo marito Nicolas la lascia per una donna più giovane. Di colpo vede sparire tutto ciò per cui aveva sacrificato ogni cosa: la sua famiglia d'origine, la città in cui era nata, il benessere delle sue origini. L'impatto emotivo dell'abbandono le impedisce di accettare la nuova situazione, mentre la sua amica Adela cerca di fare tutto il possibile perchè dimentichi il passato e si ricostruisca una nuova vita. Ma lei sceglie di vendicarsi in maniera orribile.
SCHEDA FILM
Regia: Arturo Ripstein
Attori: Arcelia Ramírez - Julia, Luis Felipe Tovar - Nicolas, Patricia Reyes Spíndola - Adela, Ernesto Yáñez - Marrana, Francesca Guillén - Raquel, Martha Aura - Paciente, Daniela Carvajal - Hija, Lolò Navarro
Sceneggiatura: Paz Alicia Garciadiego
Fotografia: Guillermo Granillo
Musiche: David Mansfield, Leoncio Lara
Montaggio: Carlos Puente
Scenografia: Claudio Contreras
Durata: 98
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: VIDEO DIGITALE DOLBY SR
Produzione: LAURA IMPERIALES, JORGE SANCHEZ, ALVARO GARNICA PER FILMANIA
Distribuzione: SHARADA
Data uscita: 2001-05-18
NOTE
- REVISIONE MINISTERO MARZO/APRILE 2001
- E' IL PRIMO FILM GIRATO IN DIGITALE IN AMERICA LATINA.
- PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA ALL'AVANA FILM FESTIVAL AD ARTURO RIPSTEIN
CRITICA
"Così è la vita, secondo il titolo in spagnolo, ma così è pure la tragedia di Medea alla quale si ispira il film di Arturo Ripstein, il quasi sessantenne regista messicano bravo autore di 'Profundo Carmesi' e di 'Nessuno scrive al Colonnello'. (...) La bravura del regista trasforma un'esperienza usuale in una tragedia disperata e commovente, molto bene interpretata, ambientata in una società messicana dove domina la legge del più forte". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 18 maggio 2001)
"L'attrice Arcelia Ramirez, fulcro del film, è preda di furibondi assoli: (...) La macchina da presa la tallona senza sosta, mai arretrando, compiacendosi del vorticoso agitarsi d'una eroina che, talvolta, come se il cinema si dimenticasse di esistere, guarda in macchina e si rivolge alla platea. Esordio nella distribuzione della Sharada, che promette ottimi film". (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 18 maggio 2001).
"Nell'adattare la tragedia antica alla cultura messicana, la trasforma in un melodramma barocco al limite della sopportazione; ma percorso da uno sconcertante senso di verità, autenticamente drammatico, mai miserabilista. Attraverso i suoi personaggi, prigionieri della loro stessa abiezione, incapaci di sfuggire al destino incombente chiude il cerchio e torna alla pura tragedia. Nello stesso tempo, prende le distanze sia dalla tragedia sia dal melodramma, introducendo effetti di straniamento e perfino note ironiche, che riesce prodigiosamente a non far stonare con tutto il resto". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica. 28 maggio 2001).