Quando un misterioso oggetto proveniente dallo spazio atterra sul nostro pianeta, per le susseguenti investigazioni viene formata una squadra di élite, capitanata dall'esperta linguista Louise Banks. Mentre l'umanità vacilla sull'orlo di una Guerra globale, Banks e il suo gruppo affronta una corsa contro il tempo in cerca di risposte - e per trovarle, farà una scelta che metterà a repentaglio la sua vita e, forse, anche quella del resto della razza umana.
SCHEDA FILM
Regia: Denis Villeneuve
Attori: Amy Adams - Dott.ssa Louise Banks, Jeremy Renner - Ian Donnelly, Forest Whitaker - Colonnello Weber, Michael Stuhlbarg - Agente Halpern, Mark O'Brien (II) - Capitano Marks, Tzi Ma - Generale Shang, Abigail Pniowsky - Hannah a 8 anni, Julia Scarlett Dan - Hannah a 12 anni, Jadyn Malone - Hannah a 6 anni, Frank Schorpion - Dott. Kettler, Lucas Chartier-Dessert - Lasky, Christian Jadah - Combs, Sonia Vigneault - Dott.ssa J. Bydwell, Mark Camacho - Richard Riley, Larry Day - Dan Ryder, ufficale della CIA
Soggetto: Ted Chiang - racconto
Sceneggiatura: Eric Heisserer
Fotografia: Bradford Young
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Montaggio: Joe Walker
Scenografia: Patrice Vermette
Arredamento: Paul Hotte
Costumi: Renée April
Effetti: Marc Reichel, Jean-François Ferland, Alexandre Lafortune, Louis Morin, Raynault VFX, Rodeo FX, Folks, Oblique FX, Hybride Technologies, Alchemy 24
Suono: Sylvain Bellemare - montaggio, Bernard Gariépy Strobl - missaggio, Claude La Haye - missaggio
Altri titoli:
Story of Your Life
Durata: 116
Colore: C
Genere: THRILLER FANTASCIENZA
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA
Tratto da: racconto "Storia della tua vita" di Ted Chiang (compreso nelle antologie "Storie della tua vita", ed. Stampa Alternativa e "Arrival e altre Storie della tua vita", ed. Frassinelli)
Produzione: SHAWN LEVY, DAN LEVINE, AARON RYDER, DAVID LINDE PER 21 LAPS ENTERTAINMENT, FILMNATION ENTERTAINMENT, LAVA BEAR FILMS
Distribuzione: WARNER BROS. PICTURES ITALIA
Data uscita: 2017-01-19
TRAILER
NOTE
- ERIC HEISSERER FIGURA ANCHE TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI.
- PREMIO ARCA CINEMAGIOVANI COME MIGLIOR FILM IN CONCORSO E PREMIO FUTURE FILM FESTIVAL DIGITAL AWARD ALLA 73. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2016).
- CANDIDATO AI GOLDEN GLOBES 2017 PER: MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (AMY ADAMS) E COLONNA SONORA.
- OSCAR 2017 PER IL MIGLIOR MONTAGGIO SONORO. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR FILM, REGIA, FOTOGRAFIA, MONTAGGIO, SCENOGRAFIA, MISSAGGIO SONORO E SCENEGGIATURA NON ORIGINALE.
CRITICA
"Nell'epoca dalla comunicazione globale e virtuale, Denis Villeneuve (...) propone un fanta film sul potere del linguaggio, ispirato a un racconto di Chiang. (...) L'appassionante incipit che mostra il privato ed immensi spazi, vira (...) verso la metafisica da Malick perdendo la poesia culturale del tempo su cui fonda la nuova fantascienza di Nolan e Spielberg, dai tempi di «telefono casa»: impossibile non citare 'Incontri ravvicinati'. Abbiamo rischiato un capolavoro sul concetto di Tempo e Linguaggio, privo di ogni giocattolone digital fantasy; le domande sono alla base del progresso civile perché è vero che la lingua muta la percezione del reale e il linguaggio non è fatto solo di parole. Ma nell'ansia di voler risolvere tutti i quiz il film si concede a colpi di scena filosofici e al peso lordo di una morale riconquistata in finale facile (...)." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 gennaio 2017)
"Il confronto con l'altro, il diverso, è spesso stato raccontato al cinema attraverso l'incontro con gli alieni. Mostri aggressivi, pronti a invaderci e colonizzarci, metafora del 'pericolo rosso' o del 'pericolo giallo' a seconda dei periodi storici che soprattutto l'America attraversava. Fino a che Steven Spielberg non trasformò gli extraterrestri prima in esseri pacifici con i quali dialogare, poi addirittura in una specie di irresistibile cucciolo da salvare. Ed è proprio a 'Incontri ravvicinati del terzo tipo' che ci fa pensare 'Arrival' di Denis Villeneuve (...) che riporta sullo schermo gli abitanti di un altro pianeta, un po' spariti negli ultimi anni, fatta eccezione per Star Wars. Ma gli alieni di Villeneuve arrivano per ricordarci che i problemi sul nostro pianeta non hanno niente a che vedere con le minacce dallo spazio in un film che dietro il genere fantascientifico nasconde una riflessione profonda sull'incontro con ciò che non conosciamo. (...) Il tema centrale del film diventa dunque il ruolo che la comunicazione svolge nella relazione col diverso, sull'importanza della comprensione e della compassione, sulla necessità di un dialogo che vada oltre le barriere linguistiche proprio mentre il mondo, preda di un'isteria collettiva, è ansioso di dichiarare una guerra globale. Ogni parola male interpretata rischia di dare fuoco alle polveri, ogni parola ben spesa ha il potere di salvare l'umanità da una folle autodistruzione. (...) Tratto dal racconto breve 'Storia della tua vita' di Ted Chiang, il film però affronta anche una questione cruciale per l'essere umano: la conoscenza e l'accettazione del proprio destino in nome di un disegno più grande. Capace di aprire porte sul futuro, la protagonista sceglierà di vivere comunque le gioie della propria maternità pur conoscendo il dolore che l'attende, convinta che ogni minuto d'amore valga comunque la pena di essere vissuto." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 19 gennaio 2017)
"Dodici immense astronavi atterrano in altrettanti punti del nostro pianeta. Potrebbe essere l'inizio di uno di quegli innumerevoli film di invasione (tutti figli della 'Guerra dei mondi') a cui ci ha abituato il cinema di fantascienza. Invece è l'avvio, sottotraccia, di un'impresa tanto concettuale quanto spettacolare. Che intreccia segnali di sicuro richiamo come navi spaziali e intelligenze aliene al tema labirintico del tempo e della memoria. Sostituendo i colori squillanti e i ritmi incalzanti della fantascienza classica con le mezze tinte e i ritmi distesi di un film impregnato di densa e pensosa malinconia. Non per nulla alla regia c'è il canadese Denis Villeneuve, eclettico autore di film notevoli e diversissimi (...). Che qui firma una specie di 'Incontri ravvicinati del quarto tipo' aggiornato ai nostri tempi di guerra, dunque tutto centrato sulla comunicazione e la conoscenza. Senza le venature mistiche del film di Spielberg, ma con molta attenzione al tema cruciale di questi anni: l'amore, e ancor prima la comprensione reciproca; i rapporti fra culture e, perché no, tra specie diverse. Anche perché alieni o animali, indios o 'marziani', il discorso non cambia. La cosa più difficile, e insieme terribilmente necessaria, resta sempre capirsi - e a volte perdonarsi (attenzione ai dettagli: chiamata a immaginare 'il programma tv perfetto', la bambina del film, defilata ma decisiva, propone come titolo 'Mamma e papà parlano con gli animali'...). (...) laborioso film di 'fantalinguistica', servito da scenografie grandiose e da una smagliante inventiva visiva, ci porta invece verso zone sempre più intime, oscure, quasi bergmaniane. Come un animale che passa attraverso varie metamorfosi prima di rivelare la sua vera forma. Complicato ma affascinante. E alla fine anche molto toccante. Considerata anche la maestria con cui mescola le regole di generi a prima vista lontanissimi per dar forma a un'avventura del tutto inedita e al tempo stesso accessibile al pubblico più vasto." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 19 gennaio 2017)
"Spielberghiano è il ceppo cui si appella il regista canadese Denis Villeneuve nel suo 'Arrival' (...). Pur senza riuscire ad attingere alla magica semplicità del grande collega, alla classicità universale del massimo creatore di fiabe contemporaneo. (...) Poetico sebbene piuttosto confuso." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 19 gennaio 2017)
"Se, nonostante le astruseria, 'Arrival' resta coinvolgente lo si deve alla rigorosa impronta intimista della regia; alle suggestioni di una scenografia firmata da Patrice Vermette, che sembra debitrice degli spazi di luce dell'artista James Turrell; alla quieta sideralità dei corali dell'islandese Johan Johannsson. Ma a catturarci è soprattutto la vulnerata sensibilità di una protagonista che il senso di perdita ha paradossalmente reso pronta ad aprirsi, senza remora alcuna, al diverso: ricettività è parola chiave del personaggio e dell'interpretazione interiorizzata della Adams (...)." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 19 gennaio 2017)
"L'avremmo capito subito, anche senza le note dell'ufficio stampa. Il regista canadese Villeneuve («Sicario») è cresciuto nel mito di «2001: Odissea nello spazio» e «Incontri ravvicinati del terzo tipo» e «Arrival» tratto dal racconto 'Storia della tua vita' di Chiang non ha fatto altro che fornirgli l'agognata occasione per omaggiare i monumenti di Kubrick e Spielberg. Sorprendentemente, però, mescolando i due diversi modelli di suspense fanta-umanistica il film acquista, nel bene e nel male, una personalità propria e si consegna al pubblico nella forma di blockbuster nello stesso tempo ambizioso e umile, a tratti mistico-elegiaco alla Terrence Malick, ma in definitiva sin troppo algido e asettico. (...) Villeneuve ha senz'altro la mano del grande cineasta, eppure le dilatazioni sentimental-filosofiche rischiano, a partire dalla seconda parte, di penalizzare lo sforzo effettuato per conferire originalità agli interrogativi classici del maxi-genere sui pilastri dell'esistenza e della civiltà, sulle fragilità della scienza e la babele dei linguaggi, oltre che, ovviamente, sulle paure e le paralisi indotte dallo scorrere imperscrutabile di ciò che chiamiamo «tempo» e sui reconditi meccanismi della memoria. Troppo esplicito, così, per fare concorrenza all'estasi enigmatica di «2001» e troppo sofisticato rispetto all'enfasi spettacolare di «Incontri ravvicinati», «Arrival» tende a mantenere a distanza gli spettatori, finendo in pratica col chiedere che ognuno di essi s'affidi alle chiavi del proprio approccio e la propria emozione." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 gennaio 2017)
"Dotato di una trama dal fascino indiscusso, 'Arrival' deve la propria originalità al magnifico racconto 'Storia della tua vita' di Ted Chiang. Per quanto dalle sembianze attraenti per il cinema, il testo di Chiang ha richiesto uno sforzo considerevole per la sua 'riduzione' audiovisiva, sia in fase di sceneggiatura (firmata dall'esperto fantascientifico Heisserer) sia, soprattutto, in quella di regia. Facile era banalizzare o semplificare in un testo mimetico alla fonte. Villeneuve, invece, alza la temperatura del sentire evitando però che essa arrivi a scottare. La sua eroina, complice l'ottima Adams, è la perfetta sintesi della scienziata patemica, lo sviluppo ideale della creatività governata dalla gnosi, mentre il suo collega/compagno Ian la completa agendo di raziocinio matematico governato dall'epistéme. Se il dualismo che sta alla base dell'indagine in 'Arrival' è quello fondativo dell'universo stesso, la sua novità risiede nel modo in cui viene organizzato e strutturato, prima nel racconto di Chiang (...) e poi nella pellicola di Villeneuve, magmatica ed avvolgente, benché adotti il punto di vista della scienza e di scienziati. Non è oltraggioso riscontrare nel Dna di 'Arrival', e di 'Storia della tua vita', riferimenti allo Spielberg di 'Incontri ravvicinati del terzo tipo', al Nolan d i 'lnterstellar', ma anche allo Zemeckis di 'Contact' e all'Eastwood di 'Hereaffer' senza dimenticare il più realistico 'The lmitation Game', esemplare testo sulla decodifica logico/linguistica. Invero, a tutto quel cinema che usa la fantascienza non più per spostare in avanti le frontiere possibili ma per abbatterle direttamente, penetrarle ed armonizzarle nell'assorbimento dell'alieno che è un semplice Diverso, anzi perfino un proprio alter-ego. (...) Parecchio sarebbe piaciuto a Umberto Eco, a Tullio De Mauro, a Gianfranco Bettetini: a queste menti eccelse recentemente scomparse accomunate dallo studio passionale dei linguaggi, nella più profonda e ricca delle accezioni." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 19 gennaio 2017)
"Ritornano gli extraterrestri. Che negli ultimi vent'anni eran stati brutti sporchi e cattivi (vedi 'Independence Day') e ora invece sono un coacervo di bontà e saggezza. Come manco ai tempi dei fanta di Spielberg ('Incontri ravvicinati del terzo tipo'). Sono immensi, sono forti, mettono paura e come tanti precedenti alieni cattivi vengono per trovare sulla Terra un luogo dove sopravvivere. Ma vengono in pace e la conquista del pianeta non sembra imminente, ma avverrà salvo errore tra una trentina di secoli. (...) Eh sì, 'Arrival' metterà discretamente in crisi la crescente schiera dei fans del canadese Denis Villeneuve, rivelato da 'Prisoners' e mandato in cima a ogni stima dal thriller 'Sicario' sulla frontiera della droga. La stima ha fatto accogliere con giubilo la notizia che a Denis era stato affidato il remake (o il sequel, ancora non s'è capito) di 'Blade Runner'. Ma tra 'Sicario' e 'Blade' è giunto 'Arrival' che suscita più di una perplessità (...). Perché 'Arrival' è sì spesso splendido figurativamente, e molto inventivo nell'introduzione di personaggi e situazioni. E ha i suoi momenti di grande suspense (astronavi e occupanti mettono veramente paura, ma siamo proprio sicuri che le intenzioni aliene siano ottime?). Però... però gli sfoggi di bravura non riescono a togliere i lacci della noia che ti avviluppa per tutto il film. Non riescono a scacciare l'idea che il tema di base sia aria fritta (torna come nuova la vecchia retorica dell'alieno buono, già stucchevole all'epoca di 'Incontri ravvicinati del terzo tipo'). Buono e persino salvifico, portatore di una sorta di religione intergalattica (Tom e Jerry insegneranno a Louise ad amare la vita pur sapendo che la vita riserva atroci imboscate)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 19 gennaio 2017)
"Che pizza pretenziosa questo sci-fi, politico e filosofico, che sembra diretto da Malick. Ovviamente, osannato dalla critica. Bisogna reggere quasi due ore per la riuscita sorpresa finale, ma è impresa disperata. Per essere un film che tratta di comunicazione, trasmette solo noia." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 19 gennaio 2017)
"Più che fantascienza, il film (sceneggiato da Heisserer a partire dall'idea che la lingua che parliamo può cambiare la nostra percezione della realtà) è un appassionante thriller psicologico che mescola paure umane e speranze utopiche per smontare le certezze che abbiamo sui limiti delle nostre vite. Non tutto è chiaro e semplice, ma l'attacco ai luoghi comuni di certi facili predicatori di sventure arriva forte e chiaro." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 2 settembre 2016)
"(...) Villeneuve firma una specie di 'Incontri ravvicinati del terzo tipo' aggiornato ai nostri tempi di guerra, dunque tutto centrato sulla comunicazione e la conoscenza; senza le venature mistiche del film di Spielberg ma con molta attenzione al vero tema della giornata veneziana: l'amore, i rapporti fra i sessi, la difficoltà di capirsi e a volte di perdonarsi. (...)Villeneuve (...) è (...) abile a mantenere la suspense e a confondere le tracce (...). Ma insomma andando avanti questo laborioso film di 'fantalinguistica' si spinge in zone sempre più intime, come un animale che passa attraverso varie metamorfosi prima di rivelare la sua vera forma. Complicato ma affascinante. E alla fine piuttosto toccante." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 2 settembre 2016)
"Virtuoso della suspense (da 'La donna che canta' a 'Sicario'), eclettico nella regia, dal romanzo di Ted Chiang, Villeneuve crea un apparato di «incontri ravvicinati» quasi da B-movie intorno a un solo quesito, in fondo, assai noto ai filosofi del linguaggio: se è il nostro italiano o il nostro inglese che determina anche il nostro modo di pensare, esiste una lingua capace di mutarci? Avvincente il percorso, sempre un po' ridicolo l'alieno poliposo in trasparenza." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 2 settembre 2016)
"Già dalle prime sequenze il regista di 'Sicario' dissemina qualche variazione, al racconto lineare preferisce una oscillazione nel tempo e nello spazio che ne annulla le coordinate proprio come fa la lingua degli alieni, segni circolari (che ricordano quelli degli antichi calligrafi) al cui interno sono contenuti più parole e più significati. Cosa cercano di dire agli umani che invece si agitano inevitabilmente programmati al terrore dell'altro, alle armi, alla guerra? (...) La lingua che cambia il modo di guardare le cose, e inventa nuove prospettive: una sorta di pacificazione che comprende il tempo e ne annulla le divisioni: passato, presente, futuro tutto convive in un unico cortorcircuito della mente, nell'attimo del sogno e del rimpianto, del vissuto e di ciò che rimane da vivere." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 2 settembre 2016)