Antonio di Padova, il Santo dei miracoli

ITALIA 1931
Lisbona. Il piccolo Antonio viene consacrato alla Vergine Maria e, sin da piccolo, inizia a compiere dei miracoli: gli uccelli sembrano ascoltare le sue parole, una brocca rotta si ricompone e anche il diavolo scompare dinanzi al suo gesto di farsi il segno della croce. Ormai adolescente, Antonio non si lascia sedurre dalle attrattive mondane e decide di ritirarsi nel Monastero di San Vincenzo dove matura la sua vocazione apostolica. Dopo un periodo di eremitaggio, Antonio parte per il Marocco, dove viene colpito dalle febbri. Sulla via del ritorno, una tempesta lo sorprende e scaraventa la sua nave sulle coste siciliane. Infine i miracoli della maturità e la bilocazione, fino alla morte, alla venerazione e al culto del Santo.
SCHEDA FILM

Regia: Giulio Antamoro

Attori: Carlo Pinzauti - Antonio, Elio Cosci - Fernando, poi Antonio da ragazzo, Ruggero Barni, Armando Casini

Soggetto: Vittorino Facchinetti - romanzo

Sceneggiatura: Giulio Antamoro

Fotografia: Emilio Guattari

Musiche: Francesco Catalani d'Abruzzo

Scenografia: Alfredo Montori, Arnaldo Foresti

Aiuto regia: Aldo Quinti

Durata: 93

Colore: B/N

Genere: BIOGRAFICO

Tratto da: romanzo di Padre Vittorino Facchinetti

Produzione: EUGENIO MUSSO PER SACRAS (SOCIETA' ANONIMA CINEMATOGRAFICHE RELIGIOSE ARTISTICHE SONORE) ROMA

Distribuzione: SACRAS

NOTE
- DIRETTORE DI PRODUZIONE GIOVANNI PETTINE.

- IL FILM E' STATO GIRATO A RIFREDI (FIRENZE) E DINTORNI. LE SEQUENZE AFRICANE SONO STATE RIPRESE NELLA TENUTA REALE DI SAN ROSSORE (PISA).

- E' UN FILM SONORO, MA NON E' PARLATO. CI SONO INFATTI RUMORI E MUSICHE MA GLI ATTORI NON PARLANO; INFATTI IL FILM E' STATO INIZIATO NEL 1930.
CRITICA
"So bene. E' un film religioso. Dovrei quindi esaminarlo con occhi di fedele (non parliamo degli orecchi, straziati dalla barbara sincronizzazione) o, per lo meno, considerando che esso si rivolge ad un pubblico specialissimo. (...) Ebbene, non posso. Non posso, perché, così come l'ho io veduto, il film non si rivolgeva ad alcuna particolare categoria di spettatori, ma al pubblico di tutti i giorni e di tutti i locali, un pubblico in cui questo scherzo di cattivo genere ha destato tutt'altro che entusiasmo. (...) In 'Antonio di Padova', a giudicarlo da spettatore, vedo non un film, ma una serie di vignette animate, il cui contenuto è tutto racchiuso nelle didascalie che lo precedono. Sarebbe come dire che la parte visiva di questo film - cioè lo stesso film, trattandosi di un lavoro non parlante - viene a raggiungere una funzione puramente dimostrativa, un'importanza del tutto supplementare. Abbiamo, insomma, un cinematografo schiavo della didascalia, alla maniera di quindici anni or sono. E di quest'epoca, nella tecnica, nella recitazione, nella messinscena, il lavoro rivela la corda; se ne eccettuino, appena, le scene del Marocco, nelle quali, grazie a una scenografia più arida e a qualche effetto di luce abbastanza felice, si respira un'atmosfera meno mefitica. (Raoul Quattrocchi, "Kines", 12 aprile 1931)

"(...) Ispirato agli intendimenti della moderna tecnica filmistica, il lavoro si impone soprattutto per la perfetta ambientazione della vicenda (...). E' bene quindi osservare che la storia è nel film non solo rispettata, ma rievocata con sobria proprietà. Non intendo parlare di storia riferendomi alla vita del Santo: qui invece si volle abbandonare - se non erro - in episodi aneddotici, forse più efficaci per la loro drammaticità, più cinematografici per la loro essenza stessa. (...) Il soggetto è forse improntato a intendimenti soverchiatamente scolastici. Ma ciò, si è detto, non nuoce allo spettacolo, destinato a fare larga presa, specie nell'animo popolare. (...) Non sarà male osservare che il film avrebbe potuto avvantaggiarsi nel suo valore religioso, mostrandoci il Santo di Padova non solo come un prodigioso facitore di miracoli, ma anche come vero e proprio Santo per se stesso". (Mario Milani, 'La Rivista del Cinematografo', aprile 1931).