And-Ek Ghes...

GERMANIA 2016
"And-Ek Ghes..." significa "un bel giorno..." Una canzone, una promessa ai propri cari, ai bambini, a se stessi. I componenti della famiglia Velcu provengono da Fata Luncii, in Romania, e si sono trasferiti a Berlino in cerca di un futuro migliore. Questa è la loro storia.
SCHEDA FILM

Regia: Philip Scheffner, Colorado Velcu

Sceneggiatura: Colorado Velcu, Merle Kröger, Philip Scheffner

Fotografia: Colorado Velcu, Philip Scheffner, Parizan Nistor, Casino Nistor, Mario Ilie, Emporio Ilie, Noami Nistor, Fecioara Velcu, Zefir Chiciu, Jeckichan Velcu, Rata Miclescu, Calil Velcu, Donadoni Miclescu, Bernd Meiners

Montaggio: Philip Scheffner

Durata: 93

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: DCP (1:1.85)

Produzione: PONG FILM, RUNDFUNK BERLIN-BRANDENBURG

NOTE
- PRESENTATO AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016) NELLA SEZIONE 'FORUM'.
CRITICA
"(...) è il primo titolo del Forum la sezione che insieme al suo Forum Expanded è quasi un festival a sé. Protagonista è un giovane uomo rom con la sua famiglia, ma la scommessa è sempre la stessa: trovare un'immagine che contrasti la retorica ricorrente intorno a questo argomento, i luoghi comuni, anche quelli «buoni», le formulette, l'assenza di conflitto. Alla regia ci sono Philip Scheffner e Colorado Velcu, che è anche il protagonista (...) i piani della narrazione si mescolano, ammiccano ai luoghi comuni, giocano con i ruoli e le fantasie, provocano la realtà. Canzoni romantiche e sceneggiate, ricordi di fughe e di amori impossibili, un video alla Bollywood e la battaglia quotidiana. Stanchezza, sconforto, ostinazione. Gli amici con le collane d'oro che sembrano usciti da un film di gangster e i parenti che se ne vanno altrove, la Spagna, l'Italia, di nuovo la Germania... In questo entrare e uscire dal bordo dell'inquadratura, in un fuoricampo che è quello della relazione tra il regista, il protagonista e il filmare si apre uno spazio nuovo. Non è l'ennesimo film sui rom, nella trama di suggestioni e differenti livelli possibili di realtà, l'immagine dei protagonisti si ribalta, diviene quella di una resistenza ironica e testarda. (...) la linea della verità è soprattutto nella sua spudorata messinscena. Che taglia fuori l'esterno reso solo istituzione, formula astratta di moduli da compilare e protocolli da seguire. I ragazzini non li vediamo in classe con gli altri, né mai vediamo la famiglia fuori dalla comunità. Una scelta forte di regia e di punto di vista che porta dentro quanto accade fuori (in realtà se ne parla pochissimo), lasciando trapelare una certa fatica e la necessità di tempo, forse, perché vada meglio per tutti loro. In fondo quella Germania somiglia quasi anch'essa a un'astrazione (non parlano mai tedesco o quasi davanti alla macchina da presa), a uno sfondo un po flou che si confonde con il resto delimitando una specie di confine invisibile, di distanza non detta eppure molto evidente." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 12 febbraio 2016)