Alcune coppie tra i trenta e i quaranta a New York, oggi. Ci sono Mary e Barry, lei con tendenze masochiste, lui impotente e portato al voyeurismo; ci sono Jerry e Terry, lui perfezionista e narcisista, lei arrabbiata e annoiata. Quando si vedono tutti insieme, Jerry approfitta del momento buono per circuire Mary, chiederle di uscire e avviare una relazione con lei. Quando lo verrà a sapere, Barry non sarà in grado di avere una autentica reazione. Nel gruppo c'è poi Cheri, che lavora in un museo. Tutti provano ad avvicinarla, ma lei ha tendenze lesbiche e finisce per iniziare una storia con Terry, disillusa dal matrimonio. Intanto l'altro amico Cary, considerato il più virile del gruppo, quando si trova con gli amici al bagno turco, confessa loro che il migliore rapporto sessuale della sua vita è stato quello con un compagno delle scuole superiori. Ma anche le nuove relazioni reggono per poco tempo. Mary non vuole più saperne di Jerry, che non sa come scusarsi con Barry. Terri non sa più stare accanto a Chery. Separate, mai riconciliate, le coppie e i singoli si ritrovano alla fine soli e insoddisfatti.
SCHEDA FILM
Regia: Neil LaBute
Attori: Amy Brenneman - Mary, Aaron Eckhart - Barry, Catherine Keener - Terri, Nastassja Kinski - Cheri, Jason Patric - Cary, Ben Stiller - Jerry
Soggetto: Neil LaBute
Sceneggiatura: Neil LaBute
Fotografia: Nancy Schreiber
Montaggio: Joel Plotch
Scenografia: Charles Breen
Costumi: April Napier
Effetti: Ray McIntyre Jr., OCS/Freeze Frame/Pixel Magic
Durata: 99
Colore: C
Genere: GROTTESCO
Produzione: STEVE COLIN, JASON PATRIC.
Distribuzione: WARNER BROS ITALIA
NOTE
- REVISIONE MINISTERO NOVEMBRE 1998
CRITICA
"Meno perfido che in passato, Labute usa l'inganno sessuale e la compulsione autodistruttiva dei suoi personaggi per raccontare i rapporti di coppia nell'America degli anni Novanta. Dicono che nel doppiaggio siano andate perse alcune scurrilità della versione originale, chissà se è vero: in ogni caso, 'Amici & vicini' è un film logorroico da cui si esce turbati e divertiti, forse perchè non assolve nessuno". (Michele Anselmi, 'L'Unità', 7 dicembre 1998)
"Quello di Labute non è un film comodo. Ti lascia incerto se disprezzarne i protagonisti, oppure identificarti con loro. E, malgrado il lapidario incipit affidato a Jerry, "Fottere è tutto" ribadisce il sospetto diffuso che, oggi, quel che ci manca di più sia (come recita il titolo di un film di questi giorni) 'The opposite of sex': i sentimenti, l'amore, la capacità di specchiarsi nell'altro anziché soltanto in se stessi". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 8 dicembre 1998).
"Uomo di teatro (i critici americani gli rimproverano di essere troppo dipendente dal modello di David Mamet), LaBute non si concede neppure un esterno in tutto il film e ritaglia i suoi ambienti soffocanti come scenografie da palcoscenico: la camera da letto, la palestra, la galleria d'arte, il supermarket, la libreria, il museo, la luncheonette, la doccia, la camera d'albergo... C'è un solo momento di spudorata sincerità, quando Jason sudando nella sauna confessa agli amici sposati quanto gusto prese in gioventù allo stupro di gruppo di un compagno di scuola. Per il resto i personaggi quasi sempre mentono anche a se stessi: a immergersi totalmente nelle confusioni di fine secolo. In un vorticoso succedersi di situazioni periclitanti, lamenti d'amore senza amore". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 12 dicembre 1998)