Alla ricerca di Vivian Maier

Finding Vivian Maier

USA 2013
Cine-ritratto di Vivian Maier, una delle figure più affascinanti della storia della fotografia del XX secolo, autrice in segreto di oltre 100mila scatti, tenuti nascosti per decenni e scoperti per caso solo dopo la sua morte (nel 2009, all'età di 83 anni). La sua storia privata e professionale vengono raccontate attraverso immagini inedite, film e interviste. Da New York alla Francia a Chicago, John Maloof e Charlie Siskel indagano sul mistero di questa donna, cronica giramondo e fotografa autodidatta: i ricordi discordanti delle famiglie per cui aveva lavorato come tata, il lato oscuro di una donna che in vita aveva scelto di nascondere se stessa e la propria arte.
SCHEDA FILM

Regia: John Maloof, Charlie Siskel

Sceneggiatura: John Maloof, Charlie Siskel

Fotografia: John Maloof

Musiche: J. Ralph

Montaggio: Aaron Wickenden

Durata: 84

Colore: C

Genere: DOCUMENTARIO

Specifiche tecniche: DCP

Produzione: JOHN MALOOF, CHARLIE SISKEL PER RAVINE PICTURES

Distribuzione: FELTRINELLI REAL CINEMA (2014)

Data uscita: 2014-04-17

TRAILER
NOTE
- PRESENTATO AL 64. FESTIVAL DI BERLINO (2014) NELLA SEZIONE 'PANORAMA DOKUMENTE'.

- CANDIDATO ALL'OSCAR 2015 COME MIGLIOR DOCUMENTARIO.
CRITICA
"Un'artista, un simbolo, un enigma: chi era Vivian Maier? Qui sopra la vedete in un autoritratto che moltiplica la sua immagine all'infinito. E' una buona sintesi per questa donna che lavorò tutta la vita come tata, soprattutto a Chicago, e morì senza aver pubblicato una sola foto. Anche se ne aveva scattate centinaia di migliaia, non solo mai viste, ma in buona parte nemmeno sviluppate. Alla sua morte furono infatti ritrovati una moltitudine di scatoloni che oltre agli effetti personali e a una serie incredibile di oggetti inutili, biglietti del treno, ricevute, scontrini, rimborsi fiscali mai incassati, e quintali di giornali, contenevano gli scatti di una vita. Non solo foto ma rullini, appunto, zeppi di immagini mai viste nemmeno dall'autrice. Che si rivelarono incredibilmente belle. Vivian Maier infatti era una fotografa nata. Aveva tutto: gusto, tempismo, senso dell'inquadratura, capacità di scegliere i soggetti e di avvicinarli fino a catturarne l'immagine con la Rollei che portava sempre al collo, come una parte di sé. La macchina ideale per scattare in strada, spiega nel bel film che ricostruisce la sua vicenda il fotografo Joel Meyerowitz, perché il visore in alto non nasconde il fotografo, e consente di stabilire un contatto visivo con il soggetto. Oggi Vivian Maier (1926 - 2009) è uno dei grandi nomi della fotografia americana del '900. Gli esperti la accostano a Robert Frank, Lisette Model, Helen Levitt, Diane Arbus. Musei e gallerie le dedicano mostre prese d'assalto dai visitatori. Attratti dal personaggio, oltre che dalle foto. Una figura senza storia, che sarebbe svanita nel nulla con le sue foto se nel 2007 il giovane rigattiere e storico in erba John Maloof non avesse acquistato per caso alcuni scatoloni contenenti le sue foto e non avesse intrapreso lunghe ricerche. Fino a scovare e intervistare le famiglie presso cui Vivian, morta nel frattempo, aveva lavorato, e molti altri scatoloni di foto, che avrebbe pazientemente stampato e catalogato. Ricostruendo almeno in parte il puzzle di una vita oscura e contraddittoria che attraverso il controcanto di quelle immagini straordinarie, scattate nelle case borghesi in cui lavorava così come nei quartieri più miserabili, avrebbe generato insieme un destino che dà le vertigini e uno straordinario romanzo visivo degli Usa nel secondo '900." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 aprile 2014)

"Sin dal titolo, 'Alla ricetta di Vivian Maier' si mette sulla scia del «nuovo» documentario americano biografico, tutto teso alla scoperta di vite grandiose ma sconosciute. Il caso più eclatante è il film da Oscar 'Searching for Sugarman' che ha portato alla scoperta di un cantautore americano misteriosamente uscito fuori dall'occhio di bue. In questo caso si tratta si una donna che per tutta la vita ha lavorato come bambinaia e che aveva però un hobby: fare fotografie. (...) Niente di nuovo, il cinema documentario americano è tutto così, a partire da Moore, esclusi pochi grandi maestri (Wiseman). Il problema, soprattutto in questo caso, è che si rischia di calpestare una vita, un destino e le ragioni di un'arte nascosta. Il dispositivo investigativo ha bisogno di prove progressive e sorprendenti e soprattutto chiede una continua tensione che consiste nel confutare ad ogni passaggio quel che fino a qualche minuto prima si considerava vero. Guardando il film più volte, però, è venuto in mente, almeno a chi scrive, quanto sarebbe stato più interessante tenere nascosta la formula investigativa facendo lavorare invece i materiali originali, fatti di molte cose. Che poi la Maier non fosse quel che sembrava, importa poco o meno. Ma questo è un punto di vista, e all'epoca del reality show, sappiamo di essere in minoranza." (Dario Zonta, 'L'Unità', 17 aprile 2014)