Viaggio alla scoperta del mondo visto, in un afoso pomeriggio estivo, dai vari componenti di una famiglia: un ottico con i suoi strumenti di precisione, la figlia dodicenne che vive i primi turbamenti, la moglie che vaga da una stanza all'altra ricordando alcuni versi d'amore, la zia alla ricerca di una persona inesistente, il padre infermo nell'immobilità della vecchiaia. Mentre si ode la musica malinconica suonata al pianoforte dalla figlia maggiore, i lavoranti stagionali, quasi tutti africani, raccolgono il grano e nella grande casa ognuno è solo e inquieto. Poi, per tutti cala la sera.
SCHEDA FILM
Regia: Franco Piavoli
Attori: Primo Gaburri, Mariella Fabbris, Ida Carnevali, Alessandra Agosti, Bianca Galeazzi, Guglielmo Dal Corso, Lucky Ben Dele
Soggetto: Franco Piavoli
Sceneggiatura: Franco Piavoli
Fotografia: Franco Piavoli
Montaggio: Franco Piavoli
Scenografia: Laura Cafiero
Costumi: Neria Poli
Altri titoli:
At the First Breath of Wind
Durata: 85
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: ZEFIRO FILM - METAFILM - RAICINEMA
Distribuzione: ISTITUTO LUCE (2003)
Data uscita: 2003-09-26
NOTE
- REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DEL MINISTERO DEI BENI E ATTIVITA' CULTURALI.
- PRESENTATO IN CONCORSO AL 55MO FESTIVAL DI LOCARNO (2002).
CRITICA
"Nobilmente tedioso, 'Al primo soffio di vento' è nelle sue intenzioni una lezione al mondo fragoroso e inutile che circonda il piccolo universo di Piavoli. C'è tutto lo snobismo provinciale di chi sembra avere colto il segreto del tempo. Ma Piavoli non è Jean Giono, volontario prigioniero della sua Provenza, capace di volare restando al suolo. Piavoli impartisce lezioni, restando nel mantovano, nella sua tenuta, con altezzoso distacco e sicumera estetica che non si trasformano ma in un film. Una ad una le immagini mantengono l'unità necessaria ad una mostra fotografica a tema ed il titolo del film (?) è un verso del terzo libro delle 'Argonautiche'. L'elenco degli attori è un atto dovuto, in realtà solo statue viventi in un sepolcreto. Un esercizio stilistico disperante per lo spettatore impreparato o disinformato. Un agguato silenzioso, grondante necrofilia ed un fatalismo accademico che non regala emozioni, talvolta ammirazione". (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 26 settembre 2003)
"Un cinema ancora una volta della immobilità, con la possibilità, comunque di narrare: una intera giornata appunto con la storia implicita di una famiglia, e l'analisi precisa, quasi minuziosa dei singoli caratteri: mostrati, proposti, addirittura ricreati dalla cifra visiva che li sostiene, senza concedere nulla all'affabulazione. Con qualche frattura nel linguaggio e con il rischio, in alcune citazioni di sfiorare la letterarietà. Sempre, comunque, con una autorità e un rigore che fanno accogliere anche questo film tra le opere più significative e conseguenti di Piavoli. Uno dei nostri 'poeti solitari'". (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 26 settembre 2003)
"Franco Piavoli, contempla anche vacche, gatti, maiali, formiche. In linea con un autore che cita Darwin e Lucrezio e dedica a ogni film due anni di riprese aspettando la nuvola o la sfumatura delle foglie desiderata. Una partitura visiva che comprime il racconto ma non lo elimina. Come provano i sogni del protagonista, vibrante alter ego dell'autore. (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 26 settembre 2003).
"Quando un poeta del cinema persegue un cammino di rigorosa purezza è difficile che assurga a popolarità; ma almeno le giurie dei festival dovrebbero accorgersene. Così non è avvenuto l'anno scorso a Locarno dove 'Al primo soffio di vento' del bresciano Franco Piavoli è passato ingiustamente senza riconoscimenti. Sarebbe auspicabile che ora, arrivato infine al pubblico, se ne accorgessero quelli che amano i silenzi più delle parole, le vibrazioni piuttosto che le azioni, la preziosità alla Cechov dei tempi apparentemente morti. Nient'altro che un pomeriggio d'estate nella casa di campagna dell'autore, con un protagonista assorto nei suoi pensieri, i membri della famiglia viventi ciascuno per suo conto, le occasioni della giornata e i lavoratori africani che testimoniano la presenza di un altro mondo carico di povertà e problemi. Nelle immagini, in una chiave da 'De Rerum Natura', si rispecchia la vita com'è". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 27 settembre 2003)