Primi del 1900, tra Zurigo e Vienna: in quel tempo e in quei luoghi si sviluppa il complesso rapporto tra i padri della psicanalisi, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, e la difficile relazione di entrambi con la paziente Sabina Spielrein, una ragazza russa di cultura elevata cui è stata diagnosticata una grave isteria aggressiva. Sabina è una paziente di Jung che, per curarla, decide di adottare la 'terapia delle parole' - il trattamento sperimentale di Freud - attraverso cui emerge un'infanzia segnata da umiliazioni e maltrattamenti da parte della figura paterna, così come un complicato rapporto tra sessualità e disordini di carattere emotivo. Con il passare degli anni, nonostante tra le teorie di Freud e Jung siano nate ampie divergenze, Sabina sarà curata con successo e diventerà lei stessa psichiatra. Tuttavia, la sua esistenza sarà comunque segnata dalla relazione con Jung. Con lui, infatti, nascerà anche un sentimento che andrà ben oltre il rapporto medico/paziente.
SCHEDA FILM
Regia: David Cronenberg
Attori: Viggo Mortensen - Sigmund Freud, Keira Knightley - Sabina Spielrein, Michael Fassbender - Carl Jung, Vincent Cassel - Otto Gross, Sarah Gadon - Emma Jung, André Hennicke - Professor Eugen Bleuler, Katharina Palm - Martha Freud, Andrea Magro - Jean Martin Freud, Arndt Schwering-Sohnrey - Sandor Ferenczi, Mignon Remé - Segretaria di Jung, Mareike Carrière - Infermiera, Franziska Arndt - Infermiera, Wladimir Matuchin - Nicolai Spielrein, André Dietz - Poliziotto medico, Anna Thalbach - Paziente, Sarah Marecek - Infermiera, Bjorn Geske - Inserviente, Jost Grix - Leonhard Seif, Severin von Hoensbroech - Johan van Ophuijsen, Torsten Knippertz - Ernest Jones, Dirk S. Greis - Franz Riklin, Julia Mack - Mathilda Freud, Aaron Keller - Oliver Freud
Soggetto: Christopher Hampton - pièce teatrale, John Kerr - romanzo
Sceneggiatura: Christopher Hampton
Fotografia: Peter Suschitzky
Musiche: Howard Shore
Montaggio: Ronald Sanders
Scenografia: James McAteer
Arredamento: Gernot Thöndel
Costumi: Denise Cronenberg
Effetti: Mr. X Inc.
Altri titoli:
The Talking Cure
Durata: 99
Colore: C
Genere: THRILLER DRAMMATICO
Specifiche tecniche: SUPER 35 STAMPATO A 35 MM/D-CINEMA (1:1.85)
Tratto da: pièce teatrale ''The Talking Cure'' di Christopher Hampton e romanzo "A Most Dangerous Method" di John Kerr
Produzione: LAGO FILM, PROSPERO PICTURES, RECORDED PICTURE COMPANY (RPC), MILLBROOK PICTURES
Distribuzione: BIM, DVD E BLU-RAY: BIM/01 DISTRIBUTION (2012)
Data uscita: 2011-09-30
TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO ALLA 68. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2011).
- CANDIDATO AI GOLDEN GLOBES 2012 PER IL MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA (VIGGO MORTENSEN).
CRITICA
"Ci vogliono storie accattivanti (qui il legame tra Jung, Freud e la loro paziente Sabina Spielrein), sceneggiature di 'ferro' (Christopher Hampton da una sua pièce), attori di richiamo (Fassbender, Mortensen e Keira Knightley). L'importante è come si usano questi elementi. E Cronenberg li utilizza al meglio, 'raffreddando' la messa in scena e i dialoghi per 'incendiare' le tensioni che si agitano in profondità: macchina da presa quasi sempre fissa, inquadrature classicamente composte, recitazione controllatissima nei due psicoanalisti e più tormentata nella donna (che passa dalle isterie iniziali alle represse malinconie finali) per offrire allo spettatore il quadro di un mondo che vorrebbe controllare ogni cosa e naturalmente non riesce a farlo. 'Rubando' il mestiere ai due pionieri della psicoanalisi, Cronenberg usa il cinema come strumento analitico, per far emergere quello che si vorrebbe nascondere o dimenticare: ce lo mostra negli scarti che esistono tra le parole e le espressioni, nel contrasto tra l'eleganza degli ambienti e l'agitarsi delle passioni, nel conflitto tra l'educazione delle forme e la rabbia che nascondono. E alla fine il messaggio (...) arriva forte e chiaro." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 3 settembre 2011)
"Un film gelido e molto controllato su una delle relazioni più bollenti del '900. Uno dei registi più visionari di oggi alle prese con una materia così incandescente (e con personaggi talmente imponenti) che finisce per raffreddare e razionalizzare tutto. La vera storia dello strano triangolo che unì Jung, Freud e Sabina Spielrein, trasformata in cinema sulla base della commedia di Christopher Hampton 'The Talking Cure', a sua volta ispirata al libro di John Kerr 'A Most Dangerous Method'. Dunque piena di dialoghi, di sedute analitiche, di scambi teorici fra Freud e il suo più illustre allievo. (...) In tanta compostezza (ne fa le spese soprattutto l'imbambolato Freud di Viggo Mortensen), il cardine segreto del film finisce per essere lo psicanalista selvaggio Otto Gross (Vincent Cassel), eretico e outcast che predica e pratica la liberazione di ogni pulsione, incoraggiando di fatto il titubante Jung a portarsi a letto la sua paziente. Poche scene ma decisive, considerando anche la biografia di questo reietto tossicomane e forse psicotico ma a suo modo geniale, destinato a morire di stenti e rimosso per decenni dalla psicoanalisi ufficiale, ma amico di Kafka e intellettuale influente. Chissà, magari senza un copione così strutturato, Cronenberg gli avrebbe dato ben altro peso. Vedrete che prima o poi qualcuno lo farà." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 3 settembre 2011)
"I demoni sotto la pelle sono sempre stati i grandi protagonisti del suo cinema, capace di fotografare paranoie e mutazioni, contagi e abissi della mente. Ieri le ossessioni di David Cronenberg sono tornate al Festival di Venezia dove in concorso è stato presentato 'A Dangerous Method', il film che mette a fuoco gli albori della psicoanalisi già entrata prepotentemente in campo in uno dei suoi film precedenti, 'Spider'. (...) Affidandosi a lunghi e fitti duelli verbali (non a caso il film è tratto dal testo teatrale 'The Talkin Cure' di Christopher Hampton, anche sceneggiatore della pellicola), Cronenberg usa come al solito la macchina da presa come un bisturi per sezionare questa volta non la carne, bensì l'intelletto dei suoi personaggi, registrando crolli emotivi e dolorosi strappi, tumultuosi sentimenti che irrompono in claustrofobici ambienti sociali e desideri inconfessati che chiedono di essere riconosciuti."(Alessandra De Luca, 'Avvenire', 3 settembre 2011)
"Una pièce tira l'altra, e dopo Polanski, Cronenberg con il suo 'A Dangerous Method' (concorso), spericolata indagine sulla triade d'oro della psicoanalisi, Sigmund Freud, Carl Gustav Jung e Sabina Spielrein, new entry nel mondo degli strizzacervelli in seguito alla scoperta del suo epistolario. Succede però che il 'ritrovamento' di grandi protagoniste della storia non superi le ragioni della loro cancellazione. Scomode presenze negli indici accademici. (...) Come è successo a Polanski, anche Cronenberg deve spremere i suoi demoni da un testo 'moderato', la sceneggiatura di Christopher Hampton, pluripremiato drammaturgo inglese, autore di script di successo ('Mary Reilly', 'Il console onorario' e 'Carrington', esordio alla regia) che ha tradotto per il cinema il suo lavoro teatrale, 'The Talking Cure' (ispirato al libro di John Kerr, 'A Most Dangerous Method'). In campo c'è il produttore Jeremy Thomas, già in tandem con Cronenberg in 'Crash' e in 'Il pasto nudo'. Il segno del regista è più un mood sotterraneo e (come per Polanski e Garrel) un modo di fare cinema per cui il film lievita e vola via, lontano dai 'caratteri', da questa Sabina amante appiccicosa di Jung, sempre pronto a sculacciarla per darle godimenti di paterna memoria." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 3 settembre 2011)
"Il film incornicia l'intrigante triangolo nel paesaggio rasserenato, tranquillo dei laghi svizzeri e della Vienna austro-ungarica, prima che l'Europa venga inondata del sangue della Grande Guerra. Interni agiati e confortevoli, belle ville, un avanguardistico ospedale psichiatrico: nella fotografia di Peter Suschitzky tutto appare luminoso, mentre il copione di Christopher Hampton, autore del dramma ispiratore della pellicola, mette a contrasto dialoghi di cristallina finezza non disgiunta da ironia con aggrovigliate situazioni provocate dal sotterraneo caos delle emozioni. E' probabilmente lo scarto fra le idee e il fattore umano che ha fatto scattare l'interesse di Cronenberg, autore postmoderno nella sua vocazione a sviscerare l'animo dei personaggi con la freddezza del vivisezionatore. Qui si direbbe che il regista canadese abbia deciso di ripartire da zero. O meglio dall'inizio, quando in un mondo ancora formale, illuso di un'idea continua di progresso, si affacciarono due rivoluzionari - l'ebreo e il protestante, il razionale e lo spiritualista - che, svelando le dinamiche misteriose dell'inconscio, diedero una micidiale scossa a un apparato sociale che pareva indistruttibile: «Lo sanno che gli stiamo portando la peste?» dice Freud sbarcando in America. Michael Fassbender (Jung) e Viggo Mortensen (Freud) sono perfetti, buona la partecipazione di Vincent Cassel, Keira Knightley è attrice che non riesce a convincerci." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 3 settembre 2011)
"Domanda da strizzacervelli, anzi, da critici: 'A Dangerous Method' è un film di Cronenberg? A ributtare gli occhi su 'La mosca', 'Inseparabili', 'M. Butterfly', il pedigree non si trova. Il regista canadese s'è normalizzato, fa il suo onesto compitino, filologicamente corretto e poco più. (...) Fosse uno qualsiasi andrebbe bene, ma da lui - nonostante la china degli ultimi 'Spider', 'A History of Violence' e 'La promessa dell'assassino' - era lecito aspettarsi di più." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 3 settembre 2011)
"«Il triangolo no!», esortava in una celebre canzone Renato Zero, eppure proprio da quel triangolo intellettuale a geometria variabile, si deve la posa di alcune delle basi della moderna psicanalisi. Era un'Europa diversa, quella degli albori del Novecento: i progressi della tecnica, della cultura, della società sembravano inarrestabili e creatori di un uomo nuovo. (...) Il film è puro Cronenberg: la capacità di creare quella tensione impalpabile, quel senso di minaccia, di filmare un'ossessione, di catturare l'attimo fuggente del desiderio che si trasforma in azione, sono tutte del regista canadese. (...) Un film dall'andamento musicale, esatto, storicamente accurato, preciso nella ricostruzione scenografica, asciutto e quasi trattenuto nella rigorosa messa in scena da kammerspiel, crudele e sottilmente sensuale. Elegante e impeccabile come i suoi protagonisti." (Andrea Frembosi, 'L'Eco di Bergamo', 3 settembre 2011)
"'The Talking Cure', la cura che passa attraverso la parola. Il risultato è 'The Talking Movie': tante parole - filologicamente corrette, lo si potrebbe usare come manuale per un esame universitario - sul rapporto tra Freud e Jung. (...) Non sapessimo che è il Cronenberg di 'Crash', lo potremmo attribuire a un regista dotato, didattico, incantato da certe interpretazioni di sogni che allora fecero scandalo, e oggi sono nella categoria che Sidney Lumet bollava come 'gli hanno portato via l'orsacchiotto da piccolo, da grande farà il serial killer'." (Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio', 3 settembre 2011)
"Ad un certo punto di 'A Dangerous Method', il film in costume di David Cronenberg sul triangolo sessual-psicanalitico tra Jung, Freud e la paziente (mica tanto) Sabina Spielrein, i dialoghi imboccano pericolosamente la via della disputa accademica tra misticismo e pragmatismo scientifico. Addio pathos del film ritenuto dai bookmakers inglesi il candidato più accreditato al Leone d'oro. (...) Temi complessi e un tantino noiosi che, forse, suggeriranno ai bookmakers di rivedere le quotazioni per la vittoria finale. Anche qualche incallito fan del regista di 'll pasto nudo' e 'Spider' è sembrato più tiepido per la svolta elegante di Cronenberg, autore di una pellicola nella quale i costumi hanno un ruolo determinante." (Maurizio Caverzan, 'Il Giornale', 3 settembre 2011)
"Che soddisfazioni si possono togliere gli attori. Michael Fassbender, per esempio, può legare al letto Keira Knightley, abbassarle leggermente la camicia, e poi sculacciarla sul didietro con una cinghia di cuoio, la quale - a giudicare dai sonori schiocchi che emette al contatto con i glutei - dev'essere bella robusta. (...) A parte il gusto per la carne, che a David Cronenberg non è mai mancato, 'A Dangerous Method', in anteprima ieri a Venezia, è una piccola lezione su come raccontare una storia. Non è la prima volta che il rapporto di possessione-ossessione fra Jung e la Spielrein viene portato sullo schermo, ci ha aveva già provato con un certo successo pure Roberto Faenza in 'Prendimi l'anima'. Ma Cronenberg è più asciutto. Spiega di aver studiato le lettere fra Freud e Jung, non indugia in romanticherie e piagnistei (...). Regala un film piacevole, divulgativo e profondo, anche se Viggo Mortensen - maschio e vigoroso nonostante la barba finta - non è il clone di Sigmund Freud. 'A Dangerous Method' ha tante gradazioni: sfumature di pura crudeltà nel rapporto violento fra i due amanti; concessioni alla risata con le frecciate di Freud e il bravo Vincent Cassel nel molo del nevrotico e sessuomane Otto Gross; attimi afosi e sudati di sesso. Eppure si può guardare tranquillamente in salotto (bambini accompagnati da adulti, please), si sfoglia come un bel romanzo." (Francesco Borgonovo, 'Libero', 3 settembre 2011)
"Date a Cronenberg quel che è di Cronenberg: 'A Dangerous Method' è pane per i suoi denti. Storia di un amore impossibile, racconto della psicanalisi, messa in scena dell'Europa alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e 'confessione' del regista. Mettendo in scena schermaglie erotiche e dialoghi sulla libido, Cronenberg suggerisce che analisti e artisti hanno molto in comune. Ma, come Jung, questi ultimi raccontano per creare ciò che ancora non c'è, non solo per riconoscere ciò che esiste già. Il divenire nel film è incarnato da Sabina, una bravissima Keira Knightley, che lascerà alle proprie spalle i due uomini (Mortensen-Freud e soprattutto Fassbender-Jung) e affronterà il proprio futuro. Il divenire, fuori dal film, è in noi. Che grazie al 'metodo' possiamo reinventarci, ma sempre restando nella rappresentazione. L'alternativa? Fare come lo psichiatra folle Otto Gross (Vincent Cassel), vera anima nera del film, che di regole e simboli non vuol proprio sentir parlare." (EIisa Battistini, 'Il Fatto Quotidiano', 29 settembre 2011)
"Si aspetta un film dell'estremo provocatore David Cronenberg e si scopre un report qualsiasi sul rapporto a tre intercorso alla vigilia del primo conflitto mondiale tra il giovane C.G. Jung, il suo mentore Freud e l'isterica paziente/amante Sabina Spielrein destinata a diventare lei stessa famosa psicoanalista. La firma di 'A Dangerous Method' è autentica, ma in questa pièce teatrale (originariamente di Christopher Hampton) filmata non c'è traccia della sublime visionarietà del regista canadese: nonostante l'indubbio carisma degli attori calati con corretto sussiego nei costumi, i modi e i dialoghi degli analisti superstar (mentre l'anoressica e digrignante Keira Knightley risulta a tratti insopportabile), non si va al di là del solito ping-pong di battute allusive o didascaliche e fredde correttezze di scenografie e locations d'epoca. Più che a 'mettere a nudo' idealmente e praticamente corpo e anima dei rivoluzionari personaggi, sembra che Cronenberg si sia dedicato a ricapitolare situazioni, teorie e caratteri con una lentezza divulgativa e una piattezza emotiva francamente imprevedibili." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 settembre 2011)
"Pur non realizzando un film all'altezza dei suoi due precedenti 'History of Violence' e 'La promessa dell'assassino' - ambedue interpretati da Viggo Mortensen che torna anche qui - Cronenberg riesce in 'A Dangerous Method' ad aggirare con classe quasi tutte le trappole del film biografico e in particolare sui grandi protagonisti e sui temi della psicoanalisi. Tutti spunti che, quando il cinema ne ha tratto ispirazione, hanno regolarmente provocato naufragi nel ridicolo. Dunque con un certo sprezzo del pericolo, e sorprendendo nell'allontanarsi dal suo mondo di fantasia per scegliere invece un soggetto quasi didascalico, il regista canadese ha messo in scena il caso di Sabina Spielrein, che, da quando è stato reso celebre grazie al ritrovamento e alla pubblicazione delle sue carte, molto tempo dopo la morte avvenuta durante la seconda guerra mondiale, ha già dato materia a due film italiani ('Cattiva' di Lizzani e 'Prendimi l'anima' di Faenza). E delle sue relazioni con il fondatore della teoria e della terapia psicoanalitica Sigmund Freud e con il suo allievo prediletto e poi principale antagonista Carl Gustav Jung. Nel film rispettivamente Viggo Mortensen e Michael Fassbender, mentre Sabina è Keira Knightley. Non è la sede per misurare quanto disti la reale dimensione biografica e scientifica dall'adattamento che Cronenberg ne ha fatto alle esigenze narrative e alla propria sensibilità. Si può solo dire che la sua preferenza va a Jung." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 30 settembre 2011)
"Piacerà un sacco. Almeno a due categorie di persone. A coloro che amano molto l'ultimo David Cronenberg ('La promessa dell'assassino', 'History of violence') e solo a corrente alternata quello delle opere precedenti (sì per 'Inseparabili', no di brutto per 'Il pasto nudo' e 'Spider'). E a quelli che dai tempi di 'Relazioni pericolose' stimano Christopher Hampton come uno dei maggiori scrittori di cinema e teatro viventi. Messe da parte le sue tematiche sui parassiti afrodisiaci, David si conferma qui grande narratore e grandissimo direttore d'attori (Keira Knightley sembra nata per la parte, Viggo Mortensen è un Freud plausibilissimo e il muscolare Michael Fassbender suggerisce bene il nevrotico arrivismo di Jung). Come con 'Relazioni pericolose' alla base della sceneggiatura ci sono delle lettere (che nel romanzo epistolare di 'Choderlos de Laclos' erano inventate). Qui invece a essere rielaborato è l'autentico, fittissimo carteggio tra Freud e Jung. Si scrissero moltissimo i due grandi. Scrivere, scrivere e scrivere di nevrosi e di follia era un mezzo per esorcizzare i rispettivi fantasmi, depositarli nel limbo del pezzo di carta. Hampton li fa esorcizzare forsennatamente fino all'inevitabile conclusione che tutto, proprio tutto non si può esorcizzare." (Giorgio Carbone, 'Libero', 30 novembre 2011)