In un territorio invisibile, ai margini della società, sul confine tra illegalità e anarchia, vive una comunità dolente che tenta di reagire a una minaccia: essere dimenticati dalle istituzioni e vedere calpestati i propri diritti di cittadini. Veterani in disarmo, adolescenti taciturni, drogati che cercano nell'amore una via d'uscita dalla dipendenza, ex combattenti delle forze speciali ancora in guerra con il mondo, giovani donne e future mamme allo sbando, vecchi che non hanno perso la voglia di vivere. In questa umanità nascosta si aprono gli abissi dell'America di oggi.
SCHEDA FILM
Regia: Roberto Minervini
Attori: Mark Kelly - Mark, Lisa Allen - Lisa, James Lee Miller - Jim
Sceneggiatura: Roberto Minervini, Denise Ping Lee
Fotografia: Diego Romero
Montaggio: Marie-Hélène Dozo
Altri titoli:
The Other Side
Durata: 92
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: DCP (1:1.85)
Produzione: MURIEL MEYNARD, PAOLO BENZI, DARIO ZONTA PER AGAT FILMS & CIE, OKTA FILM, IN COPRODUZIONE CON ARTE FRANCE CINÉMA, RAI CINEMA
Distribuzione: LUCKY RED
Data uscita: 2015-05-28
TRAILER
NOTE
- FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO DIREZIONE GENERALE PER IL CINEMA; REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DI: AIDE AUX CINÉMAS DU MONDE, CENTRE NATIONAL DU CINÉMA ET DE L'IMAGE ANIMÉE, MINISTÈRE DES AFFAIRES ETRANGÈRES ET DU DÉVELOPPEMENT INTERNATIONAL, INSTITUT FRANÇAIS, MYMOVIES.IT.
- IN CONCORSO AL 68. FESTIVAL DI CANNES (2015) NELLA SEZIONE 'UN CERTAIN REGARD'.
- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2016 COME MIGLIOR DOCUMENTARIO DI LUNGOMETRAGGIO.
CRITICA
"È un autentico pugno nello stomaco, il nuovo film di Roberto Minervini. Ma un pugno salutare, che toglie il fiato ma apre gli occhi sulla realtà e fa sparire tanti luoghi comuni sull'America e sul suo sogno. (...) Minervini, che ha conquistato la fiducia dei due protagonisti con mesi di frequentazioni (...) offre la sua macchina da presa alla voglia di mettersi in scena dei due, che davanti all'obiettivo non si negano niente. (...) Minervini non interroga, non discute, non «spiega», vuole solo registrare il più oggettivamente possibile, mettendo da parte ogni ideologia, per dare spazio a un'America che nessuno vuole ascoltare o raccontare. (...) Una seconda parte (...) che sembra fare cortocircuito con la prima, mentre è proprio da questa apparente contraddizione che 'Louisiana' trova il suo valore politico e cinematografico. Perché da una parte porta alla superficie un Paese che in tanti vogliono cancellare o fingere che non esista: è il Paese degli ultimi, dei reietti (in stragrande maggioranza bianchi!), dei dimenticati, a cui sembra che l'unico modo di esistere sia quello di mostrarsi nei suoi comportamenti più oltraggiosi o irriguardosi oltre che (auto)offensivi. E dall'altra restituisce al cinema la forza primigenia di «occhio che guarda il reale», la sua capacità di scoprire e raccontare per pura forza visiva. E così Minervini, che riprende come un documentarista ma monta come un regista di finzione, restituisce al cinema la sua qualità più grande, farci vedere quello che i nostri occhi non avrebbero potuto scoprire da soli." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 27 maggio 2015)
"Un italiano che non ha mai fatto un film in Italia decide di raccontare, con un lungo lavoro di inserimento in quei mondi chiusi, due comunità estreme di emarginati in Louisiana. Dove la disoccupazione supera il 60 % e prosperano gruppi come quelli che animano le due parti di questo film disturbante e a tratti insostenibile. Che mette radicalmente in discussione il ruolo del regista, quello degli 'attori' (interpreti di se stessi) e anche il nostro posto di spettatori. (...) Lontani anni luce in apparenza, i due gruppi hanno più di una connessione nella realtà. Ma soprattutto sono legati, oltre che da un rave selvaggio, da quel bellissimo prologo tra i boschi (Minervini, che si dice fotoreporter prima che regista, ha un occhio davvero da maestro), di cui afferriamo il senso solo verso la fine. Quando, stremati da tanta disperazione, rischiarata da lampi di humour nerissimo (quella nonnina che si ruba lo Xanax...), mettiamo ordine in questo film profondamente politico. Che cosa significa 'testimoniare'? Fino a dove può spingersi un regista? Che cosa significa fare un documentario nell'era di Internet e delle comunità sempre più numerose e incomunicanti in cui va frantumandosi la democrazia? Minervini forse non ha tutte le risposte. Ma ha un modo davvero irresistibile di porre domande urgenti. E appassionanti." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 28 maggio 2015)
"Si presenta come documentario, 'Louisiana' ('The Other Side') (...). E' lecito considerarlo un ibrido tra cinema del reale e finzione. Seguendo una sua pista di ricerca americana Roberto Minervini chiude la sua precedente trilogia di ambientazione texana e apre un nuovo capitolo. Nel nordest della Louisiana, in mezzo a una comunità di bianchi poveri e marginali. (...) Quasi nulla di sgradevole viene risparmiato. Di fatto il film insegue un effetto scioccante." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 28 maggio 2015)
"Marginale e per questo al centro dell'interesse di questo cineasta, l'umanità della Louisiana profonda e repubblicana conosce solo la sopravvivenza come sistema di regole da rispettare. Roberto Minervini (...) lo sa bene (...). Con la vocazione/missione del reporter di guerra, Minervini è consapevole di esporre se stesso e il pubblico a uno spettacolo scomodo, disgustoso per certi versi, ma che nell'estetica del 'fucking real' non si sottrae dall'imporre gli occhi sbarrati anche laddove si vorrebbe chiuderli. Il docufilm segue la cosiddetta 'trilogia del Texas' che il regista ha terminato nel 2013 con il pluripremiato 'Stop the Pounding Heart'." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 28 maggio 2015)