Amelia, una mamma single tormentata dalla violenta perdita del marito, combatte contro la paura di suo figlio Samuel, convinto che un terribile mostro si nasconda in casa, pronto ad ucciderli. Quando un misterioso libro, dal titolo "Babadook", entra in casa loro, Samuel si convince che Babadook sia proprio la terrificante creatura che popola i suoi incubi.
SCHEDA FILM
Regia: Jennifer Kent
Attori: Essie Davis - Amelia, Noah Wiseman - Samuel, Daniel Henshall - Robbie, Hayley McElhinney - Claire, Barbara West - Sig.ra Roach, Ben Winspear - Oskar, Cathy Adamek - Prue, Craig Behenna - Warren, Jacqy Phillips - Beverly, Bridget Walters - Norma, Chloe Hurn - Ruby
Sceneggiatura: Jennifer Kent
Fotografia: Radek Ladczuk
Musiche: Jed Kurzel
Montaggio: Simon Njoo
Scenografia: Alex Holmes
Arredamento: Jennifer Drake
Costumi: Heather Wallace
Effetti: Marty Pepper, Kojo
Durata: 94
Colore: C
Genere: HORROR
Specifiche tecniche: ARRI ALEXA, SXS PRO, (2K)/PRORES 4:2:2 (1080P/24), D-CINEMA (1:2.35)
Produzione: CAUSEWAY FILMS, IN ASSOCIAZIONE CON SMOKING GUN PRODUCTIONS, SOUTH AUSTRALIAN FILM CORPORATION
Distribuzione: KOCH MEDIA-MIDNIGHT FACTORY (2015)
Data uscita: 2015-07-15
TRAILER
NOTE
- ILLUSTRAZIONI DEL LIBRO POP-UP: ALEXANDER JUHASZ.
- IN CONCORSO AL 32. TORINO FILM FESTIVAL (2014).
CRITICA
"Che bella sorpresa questo horror . Magnificato anche da un personaggio come William Friedkin su Twitter: «Non ho mai visto niente di più terrificante». Merito dello strepitoso Noah Wieseman, perfetto nel dar volto ad un ragazzino odioso, preso di mira da un misterioso uomo nero (...). Uno dei migliori, nel suo genere, della stagione." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 23 luglio 2015)
"È molto raro che un film dell'orrore susciti unanime entusiasmo nella critica. Perciò si attendeva con curiosità questo debutto nel lungometraggio di una regista australiana, accolto molto bene al Sundance e premiato in diversi festival prima di approdare da noi. (...) II cinema horror ha dato spesso corpo alle ossessioni infantili; collegandole, nei casi più evoluti, con la paura dell'adulto e il terrore che presenze familiari si rivelino all'improvviso minacciose. In questo senso il film è esemplare: se l'elemento deviato della solitaria famigliola sembra il minorenne, in realtà è sua madre a essere posseduta dai propri demoni interiori, che passo dopo passo la fanno diventare pericolosa come il Jack Torrance di 'Shining'. Col procedere dell'azione ci rendiamo sempre più conto di non essere tanto di fronte a un film di paura (eppure di paura ne fa garantisce William 'l'esorcista' Friedkin, uno che se ne intende), quanto piuttosto a un thriller psicologico lontano anni luce dai vari 'Paranormal Activity'. Intanto la storia si colloca (come direbbe Todorov) dalla parte del 'fantastico', facendo esitare lo spettatore tra una spiegazione irrazionale e una razionale degli eventi. Esiste davvero l'uomo nero che, di notte, visita la casa? O è una proiezione delle paure del bambino e della psicosi della madre? (...) Una figura grottesca, frutto della creatività di Jennifer, che poggia sull'iconografia di Méliès e dell'espressionismo tedesco, passa per le mani artigliate di Nosferatu e Freddy Krueger e, magari, flirta con i fantasmi di Darrell Aronofsky. (...) Che Jennifer Kent non abbia scelto il repertorio del film di paura solo per cercare modi nuovi di scioccarci lo dimostra soprattutto, però, il suo modo di dirigere. Senza mai far ricorso al repertorio dello jump-scare, la tecnica per spaventare lo spettatore con effetti repentini e inattesi, Kent adotta un linguaggio narrativo piuttosto classico, che sposa la capacità di tenere alta la tensione con una parte di familiarità: come fa chi vuole narrarci una fiaba spaventosa moderna ma allo stesso tempo decisamente antica." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 16 luglio 2015)
"(...) uno dei migliori horror della stagione, nonché il mirabile esordio dietro la macchina da presa dell'australiana Jennifer Kent. Se sullo sfondo aleggia il mito anche psicanalitico dell'Uomo Nero, sul grande schermo trionfa l'assorbimento del miglior cinema di genere ('Halloween' di Carpenter su tutti) filtrato ai nostri tempi e - vivaddio - al femminile senza per questo farne una questione di gender. Temibile ma profondo nel suo risvegliare ancestrali inquietudini, 'Babadook' è un film da non perdere." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 16 luglio 2015)
"Piacerà eccome a chi ama l'horror e non ne poteva più del rimescolamento delle vecchie carte (leggi 'Poltergeist' e simili). Benché il finale sia l'esaltazione dell'amor materno, la favola, escogitata da una talentuosa esordiente è tra le più cupe e inquietanti offerte dal cinema. Sembra partorita da un Walt Disney che ha gettato la maschera e ha deciso di rovesciare sullo schermo il suo lato più oscuro." (Giorgio Carbone, 'Libero', 16 luglio 2015)
"Se la prima parte funziona, la resa dei conti si squaglia come in tutti i film di paura. E con due protagonisti così isterici, si tifa per il mostro." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 16 luglio 2015)
"Come ai bei tempi, l'horror torna a fare paura. Per davvero. (...) Un film genuinamente fuori dal coro, pieno di invenzioni visive, mai banale, sempre rigorosamente nel campo del cinema, senza nulla concedere ai nerd, in grado di dimostrare che la 'paura', quella cinematografica almeno, è questione di inquadrature e profondità di campo; di stacchi di montaggio e movimenti di macchina. E, soprattutto, di creazione di uno spazio alternativo al reale, in grado di invocare l'unico miracolo, stando a Jean Beaudrillard, ossia la sospensione della realtà, la sua discontinuazione. Ovviamente è presto per dire se Jennifer Kent possa sin d'ora candidarsi a un ruolo di primo piano nel rinnovamento del cinema dell'orrore contemporaneo. Lo sapremo al momento giusto. Ciò che è certo è che raramente negli ultimi anni nell'horror si sono visti esordi più solidi e maturi di 'The Babadook'. Film in grado di rimettere in gioco radicalmente possibilità del genere e paure profonde con tanta sicurezza; visceralità ed eleganza, unendole a senso e gusto del cinema tanto potente quanto disturbante." (Giona A. Nazzaro, 'Il Manifesto', 9 luglio 2015)