Peter Bogdanovich
KINGSTON, New York (USA), 30 luglio, 1939
LOS ANGELES, California (USA), 6 gennaio, 2022
Regista e critico cinematografico. Suo padre, un eclettico pittore-pianista serbo e sua madre, discendente da una ricca famiglia di ebrei austriaci, lasciano l'Europa per sfuggire al nazismo quando lui sta per nascere. Il suo primo contatto diretto con lo spettacolo è come attore dell'off-Broadway, dopo aver studiato con la mitica Stella Adler. Nello stesso tempo scrive di cinema sulla rivista 'Esquire' e cura le monografie di Welles, Hawks e Hitchcock per il MOMA (Museum of Modern Art) di New York. Infatti, nel frattempo si è anche laureato in Storia del cinema con una tesi su 'Furore' di John Ford (sul quale nel 1968 scriverà un libro famoso, mentre nel 1971 ne pubblicherà uno sul periodo americano di Lang e un altro su Allan Dwan). Già dal 1965 comincia ad occuparsi direttamente di cinema dopo essere entrato in contatto con Roger Corman, maestro dell'horror ma anche punto di riferimento per molti giovani autori. Grazie a lui fa esperienza diverse come sceneggiatore, operatore, aiuto regista. Lavora per la tv e partecipa con Jack Nicholson al film "Il serpente di fuoco" (1967) poi Corman lo incoraggia a passare alla regia finanziando nel 1968 il suo primo film, "Targets" che già contiene le tematiche del suo cinema: il rapporto tra schermo e realtà e la rielaborazione critica del cinema del passato e che inaugura anche la sua collaborazione con Laszlo Kovacs, che sarà poi quasi sempre il suo direttore della fotografia. Nel 1971 gira un documentario su John Ford "Directed by John Ford" che viene presentato alla Mostra di Venezia di quell'anno (la cui nuova versione arricchita da 13 minuti di materiale inedito nel 2006 verrà proiettata, fuori concorso, alla 24ma edizione del 'Torino Film Festival'). Sempre nello stesso anno raggiunge la notorietà internazionale grazie al film ritenuto il suo capolavoro: "L'ultimo spettacolo", coinvolgente riflessione sul cinema Usa degli anni '50, in cui la riproduzione della provincia americana di quegli anni serve a far comprendere le origini della crisi di quel modo di fare cinema. Nel film successivo, invece, "Ma papà ti manda sola?" (1973), gioca con le citazioni cinefile rifacendo il verso alle comiche di Keaton e dei fratelli Marx. In "Paper Moon" (1973) un film alla Frank Capra che fa vincere l'Oscar alla sua giovanissima interprete Tatum O'Neil, ad essere rivisitati sono gli anni '30, quelli dei suoi maestri e della grande depressione che viene fotografata in modo magistrale da Laszlo Kovacs. I due film successivi, "Daisy Miller" (1974), dal racconto di Henry James, e "Finalmente arrivò l'amore" (1975), una rivisitazione del musical degli anni '30, entrambi interpretati dalla sua compagna Cybill Shepherd, non piacciono né alla critica né al pubblico e così Bogdanovich torna alla commedia con "Vecchia America" (1976), in originale "Nickelodeon", il nome delle sale cinematografiche agli inizi del Novecento che dovevano il nome alla moneta da cinque centesimi di dollaro (nichelino), prezzo del biglietto d'ingresso. E quello segna anche il momento in cui al cinema si cominciano a raccontare storie e non si mostrano più solo fenomeni da baraccone. Dirige poi per due volte Ben Gazzarra, nel 1979 in "Saint Jack", un gangster-movie prodotto dalla società costituita insieme a Francis Ford Coppola e William Friedkin, e nel 1982 in "E tutti risero", interpretato anche da Audrey Hepburn, una commedia sofisticata che fa il verso al moralismo del cinema hollywoodiano. Il film però viene congelato per un anno dalla Fox perché al termine delle riprese Dorothy Stratten, la ex playmate ventenne che aveva iniziato una relazione con lui dopo essersi separata dal marito-pigmalione-padrone, viene uccisa dal marito che si suicida subito dopo. Bogdanovich resta fermo a lungo poi nel 1984 pubblica un libro in sua memoria "The Killing of the Unicorn: Dorothy Stratten 1960-1980" poi affronta il difficile tema dell'handicap ispirandosi a una storia vera, in "Dietro la maschera", uno dei suoi film migliori che al festival di Cannes 1985 fa vincere a Cher il premio per la migliore attrice. Negli anni successivi dirige vari lavori per la tv, mentre il suo film "Texasville" (1990), che si può considerare il seguito di "L'ultimo spettacolo" ed è girato nella stessa Archer City, non convince la critica. Lo stesso accade per "Quella cosa chiamata amore" (1993), ambientato a Nashville, che sarà anche l'ultimo film di River Phoenix, in cui il regista riprende il discorso sulla provincia americana. Nel 2001 presenta a Locarno "The Cat's Meow" in cui, partendo da un testo teatrale, si dà una versione della morte misteriosa del produttore Thomas Ince, avvenuta nel novembre del 1924 sullo yacht del famoso magnate dell'editoria William Randolph Hearst. Si disse che il miliardario uccidesse per caso Ince volendo invece sparare a Chaplin per gelosia nei confronti della sua giovane amante, l'attrice Marion Davis, ma la ricostruzione pur nella sua perfezione rimane fredda nonostante il fatto sia appassionante. Torna anche a recitare nella serie televisiva 'I Soprano' nel ruolo del supervisore dell'analista della dott. Melfi e ne dirige anche un episodio. Immedesimato nel ruolo, ha dato anche voce a uno psicologo nella serie animata de 'I Simpson'. Nel suo libro "Chi c'è in quel film?" (ed. Fandango, 2008) ha raccontato le sue esperienze di attore e regista che ha potuto conoscere da vicino le icone della cinematografia americana.