Bruno Lauzi
ASMARA, (Etiopia), 8 agosto, 1937
PESCHIERA BORROMEO, Milano, (Italia), 24 ottobre, 2006
Compositore, cantante e scrittore. Ancora bambino, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, lascia l'Etiopia e si trasferisce con la famiglia a Genova. Suo padre, costruttore, spera di ricominciare da capo nella città portuale a cui suo figlio rimarrà per sempre legato. Durante il conflitto, mentre Genova viene devastata dalle incursioni aeree, Bruno adolescente entra a far parte di un gruppo di orchestrali e amanti del jazz. Al ginnasio "Andrea Doria" diviene compagno di banco ed amico di Luigi Tenco; i due condividono la passione per il jazz e i musical hollywoodiani. Nel 1953 Tenco lo spinge a far parte con lui della "Jelly Roll Morton Boys Jazz Band", una formazione composta di musicisti rigorosi, che venerano l'artista creolo del ragtime e dello 'stomp', in cui Bruno inizia a suonare il banjo e Tenco il sassofono. Nel 1956 è costretto, per motivi familiari, a lasciare Genova per trasferirsi a Varese. Qui conosce Piero Chiara e corregge le bozze dei suoi primi successi editoriali, vede la nascita del quindicinale politico liberale "L'Altolombardo" al quale, inseguendo la passione per la politica che ha in sé fin da piccolo, comincia a collaborare. In quel periodo scopre i cantautori francesi come Brassens e Aznavour, si iscrive alla facoltà di Legge alla Statale di Milano ed inizia a comporre musica. La sua prima canzone è "Il poeta". Si diploma in inglese alla Scuola Interpreti di Milano, che raggiunge prendendo ogni mattina un treno da Varese affollato di studenti ed operai, poiché si rifiuterà per tutta la vita di prendere la patente. È da poco iniziato il periodo del boom economico e sono in molti, da tutto il sud Italia, ad emigrare al nord, alla ricerca di un lavoro e di una vita decorosa. Bruno li vede stipati sui treni andare incontro al loro miraggio e dalla sua penna nasce la canzone "La donna del sud". Vince due concorsi nazionali di traduzione ma ormai ha deciso quale sarà la sua strada e lascia la facoltà di legge a due esami dalla laurea. Nel 1963 la sua "Garibaldi Blues" viene rifiutata dalle case discografiche perché giudicata troppo protestataria. Quando, finalmente, nel 1968, viene accettata, è ormai divenuta una canzone conformista. Ma il 1968 è anche l'anno di "Ritornerai" con la quale raggiunge il successo ed ottiene riconoscimenti da critica e pubblico. L'anno successivo decide di salire sul palco di "Un disco per l'estate", dove non ottiene successo, ma la sua "Viva la libertà" lascia il segno. A Milano inizia a conoscere e frequentare l'ambiente artistico e culturale. Si avvicina ad Enzo Jannacci e si esibisce sul palcoscenico del "Derby", il mitico locale del cabaret milanese, a fianco a Cochi, Renato, Lino Toffolo e Felice Andreasi. Il suo successo artistico comincia ad essere evidente e viene consacrato da una tournée di tre mesi con Mina in America Latina. Alla fine degli anni sessanta conosce Lucio Battisti, che gli propone di entrare a far parte della sua etichetta discografica, la "Numero Uno". Dalla collaborazione con il duo Battisti-Mogol vedranno la luce molti dei successi degli anni Settanta, da "E penso a te" ad "Amore caro, amore bello", con il quale scala la vetta della hit-parade. Grandi artisti italiani e stranieri gli chiedono di comporre delle canzoni per loro: per George Moustaki scrive "Lo straniero" e per Johnny Holliday "Quanto t'amo", destinati a rimanere per loro gli unici successi italiani. Serge Reggiani è entusiasta del suo modo di fare musica e cerca in ogni modo di incontrarlo. In quegli anni avvia una collaborazione con Mino Reitano, Ornella Vanoni, per cui traduce "L'appuntamento", uno stretto sodalizio con Mia Martini, tiene a battesimo nuovi artisti come Edoardo Bennato e Roberto Vecchioni. Affascinato dai ritmi di oltreoceano, incontra e conosce artisti internazionali come Vinicius de Moraes e Toquino, Petula Clark e Dionne Warwich. Scrive anche canzoni per bambini destinate ad avere successo come "La tartaruga" e "Johnny Bassotto". Avvia una collaborazione con Carmelo e Michelangelo La Bionda e inizia a lavorare in televisione. Gli viene affidata la conduzione di alcuni spettacoli e, per primo, ospita Claudio Baglioni e ha l'esclusiva di Battisti per uno speciale. Un giorno, quello che era il suo avvocato, un certo Paolo Conte, gli fa ascoltare in un mangianastri una sua canzone, "Onda su onda". Bruno non resiste alla tentazione e la canta insieme a "Genova per noi" e, giocando con il dialetto genovese, si accorge della sua vicinanza con il brasiliano. Bruno approda al cinema nel 1967 dove compare in "Play Boy" di Enzo Battaglia tra i musicisti che si esibiscono sulla lussuosa nave da crociera su cui è in viaggio il protagonista. L'anno successivo recita una piccola parte in "Meglio vedova" di Duccio Tessari. Nel 1971 Umberto Lenzi ed Ermanno Olmi scelgono le sue canzoni per fare da colonna sonora ai loro "Un posto ideale per uccidere" e "Durante l'estate". Riappare sul grande schermo altre due volte. La prima per essere presente all'exploit cinematografico dei "Gatti di Vicolo dei Miracoli" in "Arrivano i gatti" di Carlo Vanzina (1979) e la seconda nel 2004, per tenere a battesimo l'esordio dei "Buio Pesto", un'altra delle sue scoperte, e del loro progetto genovese, "InvaXön - Alieni in Liguria". Si cimenta anche nei musical. Il suo "Una volta nella vita", scritto con Gianfranco Reverberi, riceve il commento entusiasta di Pietro Garinei, che lo spinge a lavorare con Pippo Caruso alla stesura di "Donna Flor". Nel 1989 vince il Premio della Critica al Festival di Sanremo con "Almeno tu nell'universo", scritta a quattro mani con Maurizio Fabrizio. Nel frattempo Bruno si cimenta anche nella scrittura e pubblica per Crocetti "I mari interni" e per Rangoni, "Riapprodi", poi riuniti nel volume "Versi facili", editato dalla sua casa editrice Edizioni Marittime, alias Pincopallo perché, quando scopre di essere affetto dal morbo di Parkinson, la sua vita ha un'accelerazione. Fonda la casa editrice, si dedica agli album discografici e scrive un secondo libro di poesie, "Esercizi di sguardo" che desta interesse nella critica e commozione nei lettori. In una delle poesie, "La mano", parla dello sfarfallio che ha colpito la sua mano con la malattia e di come vorrebbe, se solo potesse avere una presa salda, strangolare il "signor Parkinson". Realizza un cortometraggio, "Ora dicono fosse un poeta", scritto e diretto da Antonio De Lucia e Filippo Viberti in cui, con l'aiuto dell'attore Felice Andreasi e delle sue poesie, si racconta e conduce gli spettatori all'interno del proprio universo artistico. Diviene uno dei testimonial dell'AIP, l'Associazione che si occupa delle ricerche sul Parkinson e contribuisce in molti modi alle raccolte di fondi. Nel 2005, grazie alle pressioni di Franco Battiato e alle attente revisioni di Elisabetta Sgarbi, la Bompiani pubblica il suo primo romanzo "non-romanzo", "Il caso del pompelmo levigato", a cui ha lavorato per più di venti anni. A settembre del 2006 gli è assegnato il Premio Luigi Tenco. Muore nella sua casa di Peschiera Borromeo, stremato dalla malattia, con a fianco la moglie Giovanna e il figlio Maurizio. Nel novembre 2006 esce, postuma, la sua autobiografia dal titolo "Tanto domani mi sveglio". Era solito festeggiare il giorno del suo compleanno con i suoi familiari nella sua casa vicino Genova e brindava a Dustin Hoffman a cui si sentiva unito dal comune giorno di nascita e dall'aver iniziato ad aver successo lui con la canzone "Piccolo uomo", scritta per Mia Martini, l'altro con il film "Piccolo grande uomo".