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Amarsi un po’. Almeno, per un weekend. Poi, forse, si partirà, ci si lascerà, ma prima c’è tempo per dirsi, conoscersi, provarsi. Succede a Nottingham, un venerdì sera come mille altri: bagnino in una piscina pubblica, riservato e mite, Russell (Tom Cullen), anziché tornare a casa come aveva promesso agli amici, se ne va per locali, dove conosce Glen (Chris New), impiegato in una galleria d’arte, artistoide, disinibito. Finiscono a letto, e il risveglio è insolito: Glen, proclamando intenzioni creative, intima a Russell di affidare al registratore il resoconto della loro avventura, dal corteggiamento al sesso. Il risultato non è un racconto, ma l’inizio di una storia, storia d’amore…
Arriva al cinema con Teodora Weekend, opera prima (2001) di quell’Andrew Haigh, inglese, classe 1973, che con il recente 45 anni ha conquistato pubblico e critica: racconto di formazione, ritratto generazionale, Kammerspiel, dramedy sentimentale, il film è tante, piccole cose, ma convince soprattutto per quel che non è.
Scritto, diretto e montato da Haigh, fa professione di naturalismo e minimalismo, mentre rifugge con placida determinazione la militanza LGBT, ovvero l’etichetta di gay film a uso e consumo di un pubblico gay: coming out e rimming, accettazione e esibizione dell’identità sessuale sono della partita, ma non sono la partita, e se Russell incontrasse Linda anziché Glen forse di Weekend si parlerebbe di meno, ma ne diremmo le stesse, e positive, cose.
Non è un film inedito, tutt’altro (Godard, Lelouch, Free Cinema, cinéma-vérité, chi più ne ha...), e gridare al miracolo, questo sì, suonerebbe come militanza extra-cinematografica, ma Weekend delinea già con chiarezza quel che 45 anni porterà a compimento: la regia di Haigh ha un respiro umano, ovvero alza e abbassa la camera come il petto dei suoi ottimi attori, seguendone gli umori, le risa, le droghe, il sesso (esplicito) e il sentimento (palese), l’inizio e la fine.
Nulla di straordinario, prendersi e lasciarsi, prendere o lasciare: così è la vita, così il cinema, s’intende, migliore.