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Tutti per noi
A scuola di solidarietà. Già leader del maggio francese al liceo, Romain Goupil è cresciuto dietro e davanti la macchina da presa, ma sa che gli esami non finiscono mai: sui banchi di scuola è tornato con Tutti per uno, per dare una lezione all'improvvida, se non sciagurata, politica sull'immigrazione del governo Sarkozy. Dalla sua, la cognata di monsieur le president, Valeria Bruni Tedeschi, che incarna l'unico adulto capace di mettersi all'altezza dei bambini e condividerne umanità, amicizia e salvaguardia dei diritti umani. Una “chioccia”, la sua Cendrine, pronta a capire le ragioni del cuore del figlio Blaise e della banda di alunni delle elementari che farà quadrato intorno a Milana, compagna cecena in odore di espulsione perché clandestina.
Sarà fuga dalla scuola, ma per fare scuola di tolleranza e integrazione: Cendrine è con loro senza se e senza ma, suo fratello parla come Le Pen, il marito (lo stesso Goupil) ha testa riformista ma sotto la sabbia. Nel mezzo non sta la virtù, ma – dice il regista - la maggioranza dei francesi: la speranza, dunque, è che nel futuro prossimo si possa guardare all'oggi come un'abominevole assurdità e Goupil lo dichiara apertamente, affidando incipit ed epilogo al 2067 degli ormai anziani Milana e Blaise che tornano con la memoria affettiva alla loro infanzia violata dal Sistema della paura dell'altro, del diverso.
Fin qui tutto bene, ma la Bruni non ha dalla sua simpatia, ma una cartacea empatia, mentre i bambini sono - su tutti, i protagonisti Linda Doudaeva (Milana) e Jules Ritmanic (Blaise) - un po' saccenti, comunque senzienti, al netto dell'exemplum etico che devono portare. Insomma, Tutti per uno aiuta ad avvicinare il 2067 della consapevolezza, ma il Cinema rimane più lontano, almeno quello ugualmente migrante dell'ottimo Welcome.