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Race - Il colore della vittoria
“Il record mondiale non è niente, arriva il primo ragazzino sconosciuto e te lo leva. Ma una medaglia d’oro no, quella non te la leverà mai nessuno”. Restano impresse le parole di Larry Snyder (Jason Sudeikis), coach dell’Ohio University che riuscì ad affinare il talento di James Cleveland Owens (Stephan James), per tutti “Jesse” Owens da quando, bambino, una maestra di Cleveland iniziò a storpiare le sue iniziali, J.C.
Veloce come il vento, il nero Jesse passerà alla storia (non solo sportiva) vincendo quattro ori (nei 100 e nei 200 metri piani, nel salto in lungo e nella staffetta 4x100) alle Olimpiadi del ’36 di Berlino, nella Germania del Terzo Reich, sotto gli occhi di Hitler e Goebbels.
Il film di Hopkins – primo a raccontare sul grande schermo le gesta del grande olimpionico USA (il cui record sarà eguagliato nel 1984 da Carl Lewis, che a Los Angeles vinse altrettanti ori nelle stesse quattro gare) – è un interessante ritratto, oltre che del personaggio protagonista, di un’epoca in cui il nazismo provò a consacrare se stesso attraverso il volano dei Giochi, immortalati trionfalmente dalle cineprese di Leni Riefenstahl (Carice van Houten), oltre alle contraddizioni dell’America depressa e razzista in cui nacque e crebbe lo stesso Owens.
E senza dimenticare le tensioni relative alla partecipazione a quelle Olimpiadi (fino all’ultimo, scosso dalle ordinanze tedesche contro gli ebrei, il comitato olimpico USA era diviso sulla scelta di partecipare), il film affida a Jeremy Irons il ruolo del controverso Avery Brundage, presidente del comitato americano che non solo decise di non boicottare i Giochi, ma sembrerebbe abbia spinto affinché i corridori ebrei Glickman e Stoller venissero sostituiti da Owens e Metcalfe per la finale della staffetta.
Tra storia e finzione (il rifiuto di Hitler nel congratularsi con il vincitore, cosa che Owens smorzò anni dopo dicendo che in realtà il Führer lo salutò dal palchetto), Hopkins prova a rendere giustizia ad un campione che, come detto, anche in patria continuò ad avere problemi per il colore della sua pelle.