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Chi è Leonardo Zuliani? Un giovane uomo dalle vulcaniche risorse: fumettista di successo, scrittore di discutibili best-seller complottari, imprenditore innovativo, trascinatore di folle e quant’altro. Zuliani ha un unico problema: è antisemita fino al midollo e fin dalla nascita, forse per cause genetiche, e gli ebrei da sempre sono la sua ossessione, e poco importa se tanti personaggi illustri, da Gesù a Freud, tutte figure di cui Leonardo è un convinto ammiratore, sono del pari figli di Israele.
Il finto documentario, o mockumentary, scritto e diretto da Alberto Caviglia si rifà al modello, insuperabile, messo a punto da Woody Allen coi suoi primi film (tutto quel filone che va da Prendi i soldi e scappa fino a Zelig, per intenderci) che, sotto la maschera della deformazioni comica e paradossale, scagliavano amari strali contro determinati aspetti della società. Nel nostro caso, ci troviamo di fronte a un’opera di lodevolissime ambizioni e di folgorante attualità, intenta ad attaccare con le armi della satira il becero antisemitismo di moda imperante nei nostri tempi, dimostrando che la differenza tra i due estremismi, quello di destra e quello di sinistra, si riduce al lumicino quando si tratta di sfogare la frustrazione contro il capro espiatorio per antonomasia della storia, ossia il popolo ebraico.
Non mancano le situazioni divertenti e le gag azzeccate ma, sia chiaro, il cinema abita da un’altra parte e non basta l’imponente sfilata di vip, impegnati in cameo di ogni tipo (irresistibili però Carlo Freccero e Vittorio Sgarbi, che mettono a disposizione della vicenda il proprio personaggio televisivo con risultati esilaranti), a innalzare il livello di un lavoro che si segnala più per un umorismo garbato che per autentica e mordace capacità di denuncia. In Orizzonti a Venezia 72, dove ha vinto il premio Civitas Vitae e il premio Arca CinemaGiovani per il miglior film italiano in Mostra.