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Adolescenza, maturità ed età adulta di Chiron, ragazzo cresciuto nella periferia degradata di una grande città, dove dominano spaccio e droga. Solo con una mamma assente e incapace, Chiron dopo una reazione violenta a scuola viene imprigionato e sconta un lungo periodo di carcere. Anni dopo, tornato libero, va a trovare un amico, un ragazzo con il quale aveva fraternizzato e passato un momento di forte intesa. Lui ora lavora in un locale dove offre al ritrovato amico da mangiare e da bere. Poi vanno a casa di lui. Forse l’amicizia ha preso ancora il sopravvento...
L’apertura dell’edizione 2016 della Festa di Roma è stata affidata ad un film dalle molte ambizioni ma, va detto, quasi mai efficace o innovativo. Barry Jenkins, nato e cresciuto a Miami, laurea in cinema alla Florida State University, colloca nelle prima mezz’ora tutte le carte di una scrittura che vuole essere rabbiosa e grintosa, usando carrelli eccessivi e inquadrature oblique.
Induce qualche maniera di andare controcorrente, ma nel procedere la storia si chiude nella parabola amara e testarda di un ragazzo/uomo che non riesce a reagire di fronte alle avversità quotidiane. Anzi sceglie di tornare allo spaccio come strada rapida per fare carriera. Le vicende di Chiron hanno per buona parte qualche sussulto e un po’ di vivacità. La tensione drammatica cade, invece, con fragore quando i due amici si ritrovano e arrivano alla resa dei conti.
Quella che si prospetta una confessione conclusiva si trasforma nello striminzito recupero di una passione mai sopita, una volontà forte ma a dire il vero non convincente di un gesto di pulizia e di cancellazione di passato/futuro che non si sdogana. Il film ha un andamento altalenante che toglie vigore e robustezza all’insieme, lasciando in sospeso tutte le suggestioni messe in campo durante lo svolgimento. Una serie di temi anche di buona intuizione tuttavia non risolti e rimasti nella espressioni interrogative e dubitose del protagonista Trevante Rhodes.