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Irlanda, fine dell’Ottocento. Nel corso di una notte, mentre fervono i festeggiamenti di mezza estate, all’interno di una grande residenza nobiliare si consuma lo spossante gioco di seduzione fra la signorina Julie (Jessica Chastain), irrequieta figlia del Barone, e il cameriere John (Colin Farrell), scisso tra lo sprezzo per i vincoli sociali e la soggezione nei confronti delle gerarchie. Testimone dell’incontro-scontro, unico barlume di buon senso in un turbinare scomposto di passioni, è la fidanzata di John, la riservata cuoca Kathleen (Samantha Morton). Epilogo tragico.
Liv Ullmann, qui in veste di regista, traspone per il cinema il dramma del grande autore svedese August Strindberg e, com’è quasi d’obbligo nei casi di adattamenti da testi teatrali, il risultato è altalenante ma non privo di sequenze emozionanti. La regia, del resto, è tutta al servizio del cast e sceglie, forse con qualche primo piano di troppo, le prospettive adatte ai lunghi monologhi e agli intensi dialoghi previsti dal testo. Su questa base, spicca l’interpretazione di Jessica Chastain; perfettamente padrona del ruolo, l’attrice statunitense percorre l’intera gamma emotiva conoscendo i punti giusti in cui osare e giungendo, in questo modo, a tracciare compiutamente il ritratto complesso di una donna sospesa fra purezza angelica e disperata smania di autodistruzione. Più discontinuo Farrell che mostra, nonostante tutto, sfumature espressive inedite (per lui), ma senza il necessario controllo di un personaggio probabilmente troppo grande per le sue spalle. Efficace, senza guizzi, la Morton, ma è giusto notare che il suo ruolo finisce quasi con lo svaporare dinanzi alle personalità esasperate dei due protagonisti.
I temi, in conclusione, del disarmante confronto uomo-donna e delle differenze sociali che soffocano i sentimenti, non tolgono tuttavia il sospetto che Miss Julie possa essere interpretato, attraverso il filtro della contemporaneità, come poco più che un esercizio di stile, elegante ma innocuo.