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La comune
Anni '70. Erik, docente di architettura, eredita la vecchia casa di suo padre a Hellerup, a nord di Copenaghen. Un'abitazione molto grande, troppo per lui, la moglie Anna e la figlia adolescente. Così Anna, nota giornalista televisiva, propone al marito di invitare gli amici ad andare a vivere con loro. E nel giro di qualche giorno la casa si popola di persone: vecchie e nuove conoscenze che inizieranno a convivere, prendendo insieme le decisioni, discutendo "democraticamente" su ogni questione. Ma anche i contrasti sono all'ordine del giorno e quando Erik decide di portare lì la sua nuova amante, la studentessa Emma, tutte le certezze progressiste di Anna iniziano a vacillare.
Sono passati molti anni da Festen (diciotto per l'esattezza), ma il gusto di Thomas Vinterberg nell'andare a rintracciare le dinamiche (non sempre felici) all'interno di un gruppo non si è ancora affievolito. Stavolta, con La comune, torna agli anni della propria infanzia, all'esperienza realmente vissuta in prima persona, per ricostruire quell'utopia attraverso la quale, all'epoca, si tentava di "condividere il materiale e l'immateriale", come spiegato in maniera impeccabile dallo stesso regista durante lo scorso Festival di Berlino, kermesse dove il film ha ottenuto l'Orso d'Argento per l'interpretazione di Trine Dyrholm, ottima Anna sullo schermo. E ago della bilancia di un racconto che senza alcun tipo di fardello ideologico e/o nostalgico, prova ad offrire uno sguardo privilegiato su una tipologia di quotidianità che, proprio in Danimarca (e l'esempio della "città libera" di Christiania fondata a Copenaghen nel '71 ne è il manifesto più lampante), ha avuto terreno fertile. Sia chiaro, il cinismo e l'orrore di Festen sono lontani anni luce, ma resta intatto il talento con cui Vinterberg riesce ancora una volta a farci entrare nel meccanismo di "riunioni" (più o meno) familiari, di lasciarci intravedere i possibili sviluppi di una relazione extraconiugale e di saper creare una tensione emotiva mai banale. Lasciando alla 14enne Freja, la figlia di Erik e Anna, la possibilità di osservare il corso degli eventi e, al tempo stesso, di muovere i primi passi verso un'emancipazione che, crediamo nel giro di poco, sarà definitiva.
Non siamo dalle parti del capolavoro come avvenne tre anni fa con Il sospetto, ma forse è anche ingiusto ogni volta chiederne uno a Vinterberg. Regista che, lo ricordiamo, solamente nel 2015 ha diretto e completato sia questo film che Via dalla pazza folla (altra opera "in costume" con Carey Mulligan e Matthias Schoenaerts). E che già è in preproduzione con Kursk, dramma tratto dal romanzo di Robert Moore (A Time to Die), ispirato alla reale tragedia dell'affondamento del sommergibile in cui persero la vita oltre cento uomini della marina russa. Un altro agghiacciante ritratto di un gruppo, stavolta prossimo alla morte...