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Tante volte il cinema ha provato a raccontare la difficoltà di chi si ritrova a vivere una condizione di handicap e di tutti coloro che, familiari in primo luogo, con questa condizione si sono dovuti confrontare. Raramente, tuttavia, come nel caso di Genitori di Alberto Fasulo, si ha la percezione netta e la possibilità di toccare quasi con mano la quotidianità delle famiglie che vivono l’esperienza di un figlio disabile. Il regista friulano pone la sua cinepresa al servizio di gruppo di genitori (12 madri e 2 padri), membri dell’associazione Vivere Insieme, che da anni si incontrano regolarmente per discutere della propria vita quotidiana e dei problemi legati alla disabilità dei rispettivi figli.
La struttura del doc, dunque, è puramente ed essenzialmente dialogica, di disposizione all’ascolto dell’altro, come ormai da qualche tempo sembriamo non essere più abituati a fare. I primi piani di queste madri e di questi padri conferiscono una misura di sferzante autenticità alle parole pronunciate, alle vite rievocate di giovani che hanno sofferto e che adesso non ci sono più, ai rimpianti, alle amarezze. Non c’è tuttavia piagnisteo o lacrima a buon mercato nel lavoro di Fasulo, ed è questa l’arma vincente dell’opera. Emerge, semmai, tutta l’eroica dignità del mestiere di genitori e l’esaltazione della condivisione dei problemi e delle esperienze come sommo rimedio contro la resa o la vacua recriminazione. Un inno alla compassione, dunque, nel senso etimologico e più nobile del termine, quel “soffrire insieme” di cui, al giorno d’oggi, è sempre più opportuno tenere a mente il significato.