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Famiglia all'improvviso
Famiglia all'improvviso conferma che esiste ormai un genere Omar Sy.
Non si scappa: quando c'è l'attore di mezzo, la commedia trascolora nel dramma, alternando come un metronomo leggerezza guascona e pietoso sentimentalismo. La confezione è elegante, il marcantonio dispensa sorrisoni, pettorali e lacrimoni. Piace, tantissimo, alle donne.
Nulla di strano che anche stavolta si presenti come l'irredimibile sciupafemmine. Skipper nella godereccia Francia del Sud. I suoi servizi non si limitano a timone e cambusa di costosissime barche a noleggio, se capisci l'antifona. Amante infaticabile. Anfitrione da spiaggia. All'occorrenza pure Jep Gambardella, quello palestrato però, senza cultura e senza spocchia. Con potere di allungare le feste oltre il consentito.
Non ha doveri né preoccupazioni, consumando felice il suo baccanale. Finché la festa la fanno a lui. Kristin (Clémence Poésy), una delle tante donne da una notte e via, si ripresenta un anno dopo con fagottino umano. Figlia loro, dice. Lui non fa in tempo ad ammortizzare l'onda d'urto del destino che Kristin è già andata via, lasciandosi alle spalle il gigante e la bambina.
Lui va a Londra sperando di rintracciarla, nulla. Perde soldi e passaporto, trova un amico (Antoine Bertrand), si ritrova stuntman del cinema. L'obbligo di crescere qualcuno lo obbliga a crescere. Con calma, s'intende. Lui e la bambina (Gloria Colston) s'intendono alla perfezione, vivono in una specie di casa-giocattolo, con porte su misura, navi giganti dei Playmobil e muri di Lego.
I piccoli grandi contrattempi della vita? Risolti con immaginazione, altrimenti detta bugia. Come quella mamma che non si farebbe mai vedere perché 007 in missione per il mondo. Finché otto anni dopo la desaparecida non si farà rivedere sul serio...
Gli accostamenti al filone "adulto e bambino" sono immediati e spaziano da Tre uomini e una culla a La ricerca della felicità mucciniana. Tuttavia Famiglia all'improvviso - Istruzioni non incluse (titolo completo) ha più di un legame con un altro film di Hugo Gélin, Comme des frères e, come detto, rivela la stessa centrifuga umorale di altri successi di Omar Sy, come Quasi amici, Samba e Mister Chocolat.
Il che preserva da ogni sorpresa, fornendo al pubblico un'indicazione chiara su cosa aspettarsi. Una commedia mediamente più intelligente delle nostra che a una certa prende una china melodrammatica e quasi ricattatoria. Un protagonista carismatico, dinoccolato e un po' cazzone. Sequenze inutili, colpi di scena, momenti di grande delicatezza, con una divisione interna dell'inquadratura piuttosto scolastica ma precisa, una sintassi del film elementare però efficace.
Ci muoviamo nel perimetro di una produzione francese standard, che tanto piace in patria e se la gioca anche nel mercato estero.
Il pubblico di riferimento non è quello delle nostre commedie ovviamente. Target medio-alta borghesia, sopra i 40, prevalentemente femminile.
Immaginario di seconda mano, arricchito da qualche rimando colto, meglio se al mondo del cinema (le scene di stunt, i riferimenti un po' a casaccio a Wong Kar-wai, Eddie Murphy).
Lo sfondo pop (la City), la colonna sonora accattivante. Lo schema. Equilibrio-imprevisto-equilibrio. La manopola del cuore. E il carillon fa il suo giro....