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Michèle (Isabelle Huppert) ha tutto, nel senso che lo ottiene senza farsi scrupoli: un ex marito, un amante, un figlio, una bella casa, una madre arzilla, la guida, condivisa con Anna (Anne Consigny), di un’importante società di videogame. Ha anche un passato importante, ma criminale, luttuoso: il padre con la sua “complicità” di bambina sterminò 27 persone, tra uomini, donne e bambini più animali non quantificati, nella stessa via in cui abita ancora. Proprio adesso il padre, tramite i suoi avvocati, he chiesto di poter uscire di prigione. Ma a turbare profondamente la vita di Michèle è lo stupro di cui è vittima nella propria abitazione: l’uomo, mascherato, la colpisce sul viso, la violenta e poi fugge. Michèle non sporge denuncia, dopo qualche giorno si limita a dirlo ad Anna, il di lei marito e suo amante e il suo ex marito. Ma non è finita: Michèle è spiata, come lasciano intendere i misteriosi messaggi che riceve…
24 anni dopo Basic Instinct, il regista olandese Paul Verhoeven torna in Concorso a Cannes con Elle, thriller sui generis (in realtà, un eterodosso rape-revenge), che apre alla commedia di costume – sì, alta borghesia – e persino a sfumature comiche. Una bella sorpresa, insomma, che gode di una Huppert – sebbene continui a essere il peggiore spoiler di se stessa, ovvero spia scoperta del personaggio che interpreta – in stato di grazia, un cast affiatato, una felicità di scrittura palpabile, ovvero la capacità di saltare repentinamente tra registri, dal drammatico al, appunto, comico, con un basso continuo ironico, anche nel dosaggio e gestione della suspense.
Oltre alla reprimenda dei costumi borghesi, tra corna, bugie e “amicizie” che tali non sono, e dei relativi legami familiari – la madre di Michèle tra botox e toyboy, il padre psicopatico e pluriomicida, il figlio imbelle e, lui pure, tradito – Elle percorre un crinale pericoloso, ovvero il godimento provato da Michèle durante lo stupro, il suo fantasticarci successivo e, soprattutto, il suo non riportarlo alla polizia. Tranquilli, è un’intesa provocazione da parte di Verhoeven, che porta sullo schermo per la sceneggiatura di David Birke il romanzo Oh… di Philippe Djian, ma non durerà troppo. Piuttosto, la vera provocazione è un’altra: il personaggio più positivo, ovvero saggio, misericordioso e veramente trasgressivo, è una donna assai timorata di Dio, che va a piedi a Santiago per assistere alla Messa di Papa Francesco.
Sceneggiatura sapientemente dosata, risate di qualità offerte generosamente e più di un sottotesto eticamente bollente, Elle ci riconsegna un 77enne Verhoeven in ottima salute. Chapeau!