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Guido Chiesa si è fatto conoscere in passato per Il partigiano Johnny, 2000, Lavorare con lentezza, 2004, Io sono con te, 2010. Titoli che mettevano insieme con acutezza e sagacia storia, letteratura, società e si proponevano come giusti per il pubblico di cineclub e rassegne. Deve essere anche con l’intento di provare nuove strade espressive che Chiesa ha aderito alla richiesta della Colorado Film di cimentarsi con qualcosa di più aderente al mercato. E’ arrivato così questo Belli di papà, una commedia diretta sul filo di un acre umorismo sociale pensando anche alla gestualità imprevedibile e alle multiformi risorse attoriali di Diego Abatantuono.
Il quale è qui Vincenzo Liuzzi, ricco industriale milanese vedovo che architetta una messa in scena per mettere in crisi i suoi tre figli tra i 20 e i 25 anni, superficiali e viziati. Il punto di partenza è un film messicano campione di incassi in patria Nosotros los nobles di Gary Alazraki al quale Giovanni Bugnetti e Guido Chiesa si sono ispirati per scrivere soggetto e sceneggiatura.
Su un’ambientazione che mette insieme la modernità sazia e sicura di sé di Milano e la modestia dignitosa e non rassegnata di un meridione arguto e pieno di risorse, Chiesa intesse una trama divertente e incisiva di intrighi ed equivoci. Riuscendo a comporre un tessuto di realtà e finzioni piacevole e vivace, a disegnare con credibilità i percorsi di personaggi all’inizio in lite e poi via via più capaci di conoscersi, di dialogare e accettarsi nel bene e nel male. L’argomento dei soldi che non danno la felicità accusa forse qualche rughe quanto a ripetizioni ma la innata vivacità di Abatantuono ne rivitalizza l’assunto e lo rende attuale e degno di riflessione.
E’ giusto che i giovani ricevano comprensione e che in cambio siano capaci di attivarsi per non vivere di rendita e costruire il proprio futuro. Insomma dal traliccio della vetusta commedia italiana, Chiesa riesce a tirare fuori qualche imprevista novità e a portare a casa risultati di utile freschezza narrativa. Accanto ad Abatantuono vanno ricordati i suoi tre ‘figli’, interpretati da Matilde Gioli, Andrea Pisani, Francesco Di Raimondo, Barbara Tabita (la fiamma di Vincenzo negli anni giovanili), Francesco Facchinetti, all’esordio con sicurezza, e Antonio Catania (il Rivera del cinema italiani, Diego dixit) e un gruppo di ottimi caratteristi pugliesi.