Incorniciata tra le Alpi, molto vicina alla piccola cittadina di Grenoble, c'è la Grande Chartreuse, il più antico monastero dell'ordine dei Certosini. Lì, protetti dalle mura antiche e dal silenzio del luogo, vivono uomini che per tutta la loro vita hanno scelto di amare Dio e di ascoltarne la Parola nel rumore del vento e della pioggia e di vederne l'immagine nello scorrere delle stagioni, misurando lo scorrere del tempo con i rintocchi della campana e il suono delle proprie preghiere. Il regista Philip Gröning, dopo aver atteso per 18 anni, è riuscito ad ottenere il permesso di entrare nella clausura e filmare per sei mesi la quotidianità della vita monastica, portando con sé solo lo stretto necessario, senza luci artificiali e senza altra colonna sonora che i rumori d'ambiente e i canti gregoriani intonati dai monaci.
SCHEDA FILM
Regia: Philip Gröning
Soggetto: Philip Gröning
Fotografia: Philip Gröning
Montaggio: Philip Gröning
Altri titoli:
Le grand silence
Verso il grande silenzio
Die Große Stille
Into Great Silence
Durata: 164
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85)
Produzione: PHILIP GRONING PER FILMPRODUKTION, PRODUKTIONSFIRMA, VENTURA FILM S.A., BAVARIA FILM, CINEPLUS, TSI
Distribuzione: METACINEMA (2006)
Data uscita: 2006-03-31
NOTE
- IN CONCORSO ALLA 62MA MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2005) NELLA SEZIONE "ORIZZONTI".
- VINCITORE DELL' EUROPEAN FILM ACADEMY DOCUMENTARIO 2006 - PRIX ARTE.
- CANDIDATO AI NASTRI D'ARGENTO 2007 COME MIGLIOR FILM EUROPEO.
CRITICA
"Philip Groning ama interrogarsi sulle questioni della vita e quelle esistenziali, infatti un altro suo film è dedicato alla filosofia (Philosophie, 1998), e anche Nel grande silenzio ha posto un interrogativo più profondo: perché alcune persone sono attratte dalla vita in convento e sono disposte a portarla ai massimi estremi, come questi monaci ritiratisi sulle montagne francesi in un luogo dove non passa mai nessuno perché loro non accettano ospiti, e non insegnano in nessuna scuola, e che non fanno altro che pregare. In silenzio. «Una scelta incredibilmente radicale! E pensare che se nel paese vicino muore il parroco, loro non possono nemmeno dire la messa per lui, perché il loro compito è rimanere li dentro. Che estremismo!» " (Elfie Reiter, "Il Manifesto", 20 agosto 2005)
"Il grande silenzio non genera sconcerto, né tanto meno noia, Il grande silenzio è un film ipnotico, un antidoto alle false priorità del nostro tempo. Un film in cui dall?apparente monotonia della quotidianità emerge una sola, semplice certezza: serenità. Un film ancora capace di comunicare come solo il grande cinema sa fare: ad esempio con una sequenza di primi piani tutti uguali e tutti diversi: quelli dei monaci. E naturalmente tutti in silenzio. Anche in sala c'è silenzio, quello delle occasioni rare." (Fabio Falzone, "Avvenire", 22 marzo 2006)
"Non occorre essere mistici, e neppure credenti, per andare all'appuntamento con questo film-monolito straordinario. Basta saper rinunciare a una "storia" per entrare in uno spazio (come dice benissimo il regista il film, più che rappresentarlo, "è diventato" un monastero), in un tempo a parte, in un ritmo - assieme - solenne e lievissimo." (Roberto Nepoti, "La Repubblica", 31 marzo 2006)
"Paziente, il tedesco Philip Groning ha atteso 19 anni di riprendere in silenzio con una telecamera (120 ore in tutto) il quotidiano, le opere e i giorni della vita monacale. Il risultato è un'esperienza straordinaria che coi volti e lo scorrere della natura, fa del Tempo una categoria dello spirito. Ripagato dal successo, l'eloquente viaggio nel paziente, religioso silenzio vive e rimbalza su percezioni, pensieri, associazioni, emozioni del pubblico, come si addice ai grandi spiriti evocatori del cinema (Dreyer, Bergman, Cavalier, Bresson, Resnais ), rispondendo al bisogno di silenzio invocato da Fellini nella "Voce della luna". (Maurizio Porro, "Il Corriere della Sera", 31 marzo 2006)
"Il fascino del silenzio, di una vita rimasta uguale per secoli, dello scorrere del tempo, ripreso con fedeltà, non riesce a toccare i margini del mistero che in esso si annida. Il cinema come pura osservazione è inutile. Il cinema che non riesce ad interrogare la sua materia fallisce il suo compito. E vedere questi monaci dentro una sorta di documentario naturalistico non aiuta a capire le ragioni di quella scelta." (Dario Zonta, "L'Unità", 31 marzo 2006)