Fiore e Gino, due faccendieri italiani, arrivano in Albania a bordo del fuoristrada di Gino e vagano per i ministeri, con il supporto di corrotti funzionari locali, per mettere a punto l'ennesima truffa ai danni del loro governo e di quello albanese, rilevado e la finta ristrutturazione di una fatiscente fabbrica di scarpe. Serve anche un incapace presidente, il solito vecchio rimbecillito ma ancora in grado di firmare i documenti dopo un vagabondaggio in un ex carcere, trovano Spiro Tozaj, che non parla ed, alla prima occasione, fugge con il treno. Gino lo insegue col fuoristrada, e lo raggiunge in un ospedale dove lo hanno ricoverato dopo che dei monelli gli hanno rubato le scarpe e tentano di soffocarlo in un bunker col fuoco. A poco a poco, mentre l'agghiacciante realtà di miseria e disperazione del paese emerge in tutta la sua evidenza, Gino scopre non solo che Spiro è in realtà un ex miliziano fascista, Michele Talarico, un disertore che dopo 50 anni di galera ha perso il senno e crede di vivere nell'Italia del '48, ma anche che la gente miserabile e il povero, ignorante ma generoso vecchio, affrontano una realtà che il suo continuo quanto inutile ricorso ai soldi non può certo modificare. Dopo una lunga odissea in camion per tornare a Tirana, Gino telefona a Fiore, che si è dileguato. Poi la polizia lo arresta al rientro in albergo: il funzionario albanese è stato arrestato, e Gino potrà allontanarsi solo firmando una confessione che permetta al funzionario di polizia di incriminarlo. Successivamente Gino tenta di rientrare in Italia con una nave di profughi, e vi ritrova Spiro convinto di andare in America.
SCHEDA FILM
Regia: Gianni Amelio
Attori: Enrico Lo Verso - Gino, Michele Placido - Fiore, Piro Milkani - Selimi, Carmelo Di Mazzarelli - Spiro Tozaj, Elida Janushi - La cugina di Selimi, Sefer Pema - Direttore del campo di lavoro, Nikolin Elezi - Il ragazzo morente, Esmeralda Ara - Ragazza che insegna l'italiano, Marian Pietrj - Ismail, Besim Kurti - Il poliziotto, Idajet Sejdia - Dr. Kruja, Marieta Ljarja - Direttore della fabbrica, Ilir Ara - Guardiano dell'orfanotrofio
Soggetto: Andrea Porporati, Gianni Amelio, Alessandro Sermoneta
Sceneggiatura: Andrea Porporati, Alessandro Sermoneta, Gianni Amelio
Fotografia: Luca Bigazzi
Musiche: Franco Piersanti
Montaggio: Simona Paggi
Scenografia: Giuseppe M. Gaudino
Arredamento: Giuseppe M. Gaudino
Costumi: Claudia Tenaglia, Liliana Sotira
Durata: 135
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: SCOPE
Produzione: MARIO E VITTORIO CECCHI GORI PER C.G. GROUP, TIGER CINEMATOGRAFICA, ENZO PORCELLI PER ALIA FILM, IN COLLABORAZIONE CON RAI-RADIOTELEVISIONE ITALIANA, ARENA FILMS, CANAL PLUS (PARIGI), VEGA FILM (ZURIGO)
Distribuzione: CECCHI GORI GROUP - CECCHI GORI HOME VIDEO - LASERDISC: PHILIPS VIDEO CLASSICS
NOTE
- MIGLIOR FILM ALL'EFA (EUROPEAN FILM AWARDS) 1994.
- NASTRO D'ARGENTO 1995 PER LA MIGLIOR REGIA E LA FOTOGRAFIA.
- DAVID DI DONATELLO 1995 PER LA FOTOGRAFIA, LA MUSICA, IL MIGLIOR FONICO DI PRESA DIRETTA (ALESSANDRO ZANON).
CRITICA
"Emerge dal film - diretto da Amelio con quella proprietà di linguaggio, quella sensibilità e quell'amore per il vero che gli conosciamo da 'II ladro di bambini' - il ritratto straziante di un'Albania ai limiti della sopravvivenza, che s'è lasciata alle spalle il fascismo (il Duce l'aveva annessa nel 1939 al regno d 'Italia) e il comunismo (ma sono sempre gli stessi che comandano) per restare nella più nera miseria. E il viaggio in Italia di questi disperati più che una speranza è una illusione. Il bravissimo Lo Verso è l'italiano che fa da trait-d'union tra il vecchio e il nuovo mondo ma è un disperato pure lui, un italiano vero nel formicaio degli albanesi senza futuro. Il vecchio - e forse non è un caso - ha una sorprendente somiglianza con l''Umberto D.' di De Sica." (Franco Colombo, 'L'Eco di Bergamo', 12 settembre 1994)
"Il film ha il suo nucleo centrale nel viaggio che il giovane compie in compagnia del vecchio dopo averlo rintracciato. E i due diventano il perno del racconto. Il vecchio è l'emblema di tutti gli umiliati e offesi del mondo, strappato alla sua terra e ai propri affetti, perseguitato da tutti, sprofondato nel pozzo di una follia dove sono sopravvissuti solo i pochi ricordi felici di una misera esistenza. Il giovane scopre la sua vera condizione umana vivendo sulla propria pelle il calvario degli umili, dei disperati che affidano il loro destino a una sgangherata carretta dei mari nella speranza di trovare 'Lamerica' sull'altra sponda dell'Adriatico. Film epico che sa dilatare una vicenda personale in un dramma corale, 'Lamerica' fa capire quanto sia profondo il solco tra Paesi ricchi (come il nostro) e Paesi poveri (come l'Albania). Ma ci avverte anche che questo solco potrebbe scomparire da un momento all'altro riportandoci alle misere esperienze del passato, perché il sogno degli albanesi d'oggi è identico a quello degli emigranti italiani che cent'anni fa vedevano
'Lamerica' come la terra promessa." (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 19 ottobre 1994)
"Meraviglioso pamphlet politico che si autocombustiona via via al fuoco delle ipocrisie della visione filosoficamente corretta, kolossal minimalista, omaggio impossibile a Roberto Rossellini e David Lean, opera chiusa che non concede sostegni al sentimento, una delle massime vette di cinema europeo che interiorizza il malessere 'Lamerica' è un film che non va consumato o schiacciato dalla memoria come un cattivo ricordo. Rimeditato, depositato sulle nostre cattive coscienze, lasciato riposare sui nostri incubi più infami, pretende di non dire e che voi 'non diciate'. E questo - in tempi di esternazioni e sublimazioni - è già utopia. L'utopia del nostro scontento." (Fabio Bo, 'Vivilcinema')