Federico Fellini
RIMINI (Italia), 20 gennaio, 1920
ROMA (Italia), 31 ottobre, 1993
Regista. Suo padre, Urbano, era emiliano, mentre sua madre era nativa di Roma. Ha un fratello, Riccardo, nato nel 1921 e una sorella, Maddalena. La sua fanciullezza è avvolta in un velo di mistero e di leggenda: dall'epoca della sua fuga di casa all'età di sette anni per raggiungere il famoso clown Pierino, al suo unirsi ad una compagnia di artisti di varietà, e a una infinità di altri episodi suggestivi tra la realtà e la fantasia. Dopo l'esame di maturità, nell'estate del 1938, si trasferì nella Capitale. Iniziò la sua attività di giornalista pubblicando disegni ed elzevirini tra il comico e il sentimentale sul giornale "Marc'Aurelio" e scrivendo scenette per la radio e per il comico Macario. Nel 1943 incontrò e sposò Giulietta Masina. Quando gli alleati entrarono a Roma, aprì un negozio di vendita per le sue caricature, e fu così che Roberto Rossellini ebbe l'opportunità di incontrarlo e di richiedere la sua collaborazione per la sceneggiatura di "Roma, città aperta". Scrisse inoltre la sceneggiatura di "Europa '51"sempre per Rossellini, e per molti altri registi, quali Pietro Germi ("In nome della legge" e "Il cammino della speranza") e Lattuada, con cui diresse "Luci del varietà" nel 1950, riportando sullo schermo il periodo della sua giovinezza, quando si accompagnava ad un gruppo di artisti di varietà. Debuttò nella regia nel 1952 con "Lo sceicco bianco", presentato al Festival di Venezia lo stesso anno. Come era nelle previsioni il film fu un totale insuccesso di critica e di pubblico. Nonostante ciò Fellini mise in programma il suo secondo film "I vitelloni", che l'anno successivo vinse il Leone d'Oro al Festival di Venezia. La pellicola riscosse un grandioso successo e il giovane regista fu addirittura sommerso dalle offerte; ma come aveva ignorato le critiche aspre del primo film, ignorò anche le lodi del secondo e si accinse a preparare nel 1954 il suo nuovo film "La strada", la meravigliosa favola tra il rude Zampanò (Anthony Quinn) e la dolce Gelsomina (Giulietta Masina), con cui vinse un primo Premio Oscar per il miglior film straniero nel 1956 (il secondo lo vinse nel 1957 con "Le notti di Cabiria" e un terzo nel 1963 con "Otto e mezzo"). Nel 1955 girò "Il bidone" con l'attore americano Broderick Crawford e nel 1956 "Le notti di Cabiria", presentato nel 1957, che narra le vicende della vita di una prostituta, ambientato nella squallida periferia di Roma, interpretato magistralmente da Giulietta Masina. Ma fu nel 1960 che il regista ricevette il più ambito riconoscimento in tutto il mondo con il film "La dolce vita". Nel 1963 fu la volta di "Otto e mezzo", interpretato da Marcello Mastroianni in cui si dice abbia riportato sullo schermo il personaggio di se stesso. Il titolo stava ad indicare che questo era l'ottavo film e mezzo che il grande regista aveva creato. Bisogna includere l'episodio "Le tentazioni del Dottor. Antonio", inserito nel film "Boccaccio '70 "per raggiungere il totale di nove pellicole. Nel 1965 fu la volta di "Giulietta degli spiriti" cui seguì un episodio intitolato "Toby Dammit" nel film "Tre passi nel delirio", "Fellini-Satyricon " nel 1969, "I clowns", un film documentario realizzato per la televisione italiana nel 1970, "Roma" (1972), un fantastico e appassionato omaggio del regista alla tanto amata Città Eterna. Nel 1973 dedicò ai ricordi d'infanzia, e alla città di Rimini, uno dei suoi capolavori, "Amarcord", che in riminese vuol dire "Mi ricordo". Il film gli fece guadagnare il quarto Oscar. Nel 1976 diresse un funereo film intitolato "Il Casanova di Federico Fellini". Nel 1979 tornò a lavorare per la Tv con "Prova d'orchestra", un'opera molto stimolante dal punto di vista politico, e in qualche modo anticipatrice della crisi degli anni Novanta. Nel 1980 Fellini diresse "La città delle donne" e nel 1983 "E la nave va!". Nel 1985, con "Ginger e Fred", mise alla berlina il mondo delle Tv commerciali. Dopo "Intervista" (1987), diresse il suo ultimo film, "La voce della Luna", ricco di spunti di meditazione sulla dimensione spirituale della vita. Per tre anni fu dimenticato dalla macchina traballante del cinema italiano e dalla distrazione dei produttori pubblici e privati. Nel 1992 ricevette a Hollywood il suo quinto Oscar, alla carriera. Quando morì, il 31 ottobre 1993, aveva in animo di realizzare un film sulla figura dell'attore: forse con Mastroianni, forse con Villaggio. Tra i progetti incompiuti, "Il viaggio di G. Mastorna".(Sergio Trasatti) RASSEGNA DELLA STAMPA ESTERA"'Con Fellini se ne va tutta un'era'. Il mondo della cultura sa che con Fellini scompare un'intera era della storia dell'Italia e dell'Europa che lo stesso Fellini ha ritratto in film quali 'La strada', 'La dolce vita', '8 e ½', 'Amarcord' e 'La nave va'. (...) E' morto l'uomo che ha inventato l'Italia. Con lui scompare tutta un'epoca e un modo di fare il cinema. Con i suoi cinque Oscar Federico Fellini è probabilmente non solo il regista ma l'intellettuale e la figura umana più conosciuta, amata e rispettata in tutto il mondo". ('El Pais' - Madrid - 1 novembre 1993) "'Fellini, la fiera dell'immaginario'. Se con il tempo la sua criniera si è sfoltita ai mille venti favorevoli e contrari delle sue passioni il leone è rimasto giovane (...). Colui che ha scritto a lettere d'oro la favolosa leggenda del cinema italiano. Ma sempre la sua giovinezza lo ha ossessionato e così lui ricorreva senza tregua a reminiscenze affascinanti: il collegio religioso dei suoi primi anni, l'harem dove avrebbe voluto riunire tutte le sue donne, reali o immaginarie". ('Le Figaro' - Parigi - 1 novembre 1993) "Ciao Federico nessun altro regista ha saputo mettere sullo schermo se stesso e la propria visione del mondo più di Fellini (...). le sue perle venivano veramente da quella preziosa ostrica che egli era (...). Il mondo di Fellini raramente era realistico. Ma i suoi melodrammi e fantasie, con la loro galleria di particolari aspri e di racconti, a volte senza una struttura, erano uno scenario onorico straordinariamente potente, come se per lui fossero più reali di qualsiasi verità mondana. Mescolava l'immaginario delle gente come pochi e lo faceva con un tale amore e maestria spesso sorprendenti". ('The Guardian' - Londra - 1 novembre 1993) "La gioia del circo e la Grande Arte Come Orson Welles, forse suo unico eguale nel cinema occidentale, Fellini credeva che i film fossero lo strumento del mago dove anche la palese conoscenza del trucco faceva parte dell'incanto. Passò gran parte della sua carriera artistica cercando di rimuovere le barriere che ci sono tra un'arte e l'altra. Perché per lui il cinema non era semplicemente cinema; era teatro, vaudeville, opera, circo e fiera. Il suo gusto estetico è stato a volte discusso ma mai la misura o l'immensità della sua voglia estetica. E' stato, senz'altro, uno dei pochi registi dell'Europa post-bellica in grado di fare dei film secondo i propri schemi e raggiungere una vasta popolarità dall'una all'altra sponda dell'Atlantico". ('Financial Times', 1 novembre 1993) "'La vetta dell'arte moderna'. Fellini, uno dei pochi che hanno fatto del cinema una parte dell'arte moderna; il solo la cui immensa opera può essere messa sullo stesso piano di quella di Picasso e di Stravinski (...). ''La strada', 'La dolce vita', 'Amarcord', 'Satyricon', 'Casanova', 'Prova d'orchestra', 'La città della donne', 'E la nave va' sono film che gettano uno sguardo magicamente immaginativo e, allo stesso tempo, terribilmente lucido sul mondo moderno, sulla sua grottesca sessualità, il suo abbrutimento, il suo esibizionismo (...). I film di Fellini sono il punto più alto dell'arte moderna". (Milan Kundera, 'Le Nouvel Observateur' - Parigi - 1 novembre 1993) "Questo personaggio rotondo, massiccio, che si trasformava in mago per non distrarre i suoi ammiratori, riusciva ad esprimere la sua verità sul grande schermo, ritornando senza sosta alla nostalgia della sua infanzia e dell'innocenza perduta, alla sua rappresentazione nevrotica e brillante della donna idealizzata - madre e sposa - e della donna nevrotica, femmina dalle forme mostruose o puttana affamata, di un uomo continuamente spinto alla conquista amorosa che scopre il suo vuoto esistenziale... Il suo stile rigoglioso, delirante, monumentale è stato quello di un poeta che non ha mai smesso di sognare e di rapportarsi con il mondo e con se stesso". ('Le Monde' - Parigi - 1 novembre 1993) "I suoi film sono cosparsi di arteficio, maschere, travestimenti e personaggi del circo, di volti impressionati, di rococò e bizzarro, il prisma attraverso cui guardava la sua vita... e il mondo che ci presentava. Un luogo la cui immensità spettacolare, artificialmente costruita in studio, ci faceva vedere la verità interiore di ciò che si pensa debba essere esteriormente il mondo reale che è in effetti un circo. L'idea di tutti i film di Fellini è nata nella mente del Maestro, nelle sue memorie, nei sogni, nelle fantasie e nelle favole". ('Herald Tribune' 1 novembre 1993)