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“Il libro dal quale sono partito si intitola, tradotto in italiano, Il labirinto della colpa. Io avevo scelto semplicemente Labirinto. Ma quando è uscito il film Maze Runner – Il labirinto, il produttore ha messo il veto all’utilizzo della parola. Ci siamo allora orientati su “Il labirinto del tacere” che poi è diventato Il labirinto del silenzio. Il tacere infatti non esprimeva chiaramente l’idea della menzogna. Negli Stati Uniti del resto il titolo inglese è Labirynth of the Lies (Labirinto delle bugie)”. Con questa spiegazione esauriente e dettagliata, Giulio Ricciarelli ha introdotto la conferenza stampa di presentazione del proprio Il labirinto del silenzio.
La storia prende il via a Francoforte nel 1958, quando Johann Radmann, giovane pubblico ministero, in seguito ad un episodio del tutto casuale, si trova coinvolto nella ricerca della verità sugli episodi accaduti ad Auschwitz negli anni della guerra. “Si tratta – precisa il regista - di eventi e azioni culminati nel 1963 nel processo ad un numero importante di ex nazisti. Una pagina che nessuno in Germania conosceva e quasi nessuno intendeva far tornare alla luce, per non creare ostacoli alla ormai iniziata rinascita della Repubblica Federale Tedesca”. Il copione unisce i molti dati storici con passaggi di fantasia. “Per il ruolo centrale del procuratore Johann Radmann ho scelto l’attore Alexander Fehling, giovane perché prototipo di quella generazione nata negli anni Trenta che sa ben poco del nazismo e ritiene di poterne essere al di fuori, di non avere colpe. Nel ruolo di Fritz Bauer, il pubblico ministero generale che conduce le fila della vicenda, c’è Gert Voss, il più famoso attore teatrale tedesco, per il quale invece abbiamo ritenuto giusto utilizzare invece molte frasi e pensieri autentici, tratti da veri documenti”.
Nella sceneggiatura trovano spazio molti temi che l’autore definisce “delicati”: la ricerca dei nazisti come infatuazione e ossessione; l’illusione di confondere le colpe di tutti con le responsabilità individuali; la speranza di agire per il bene e quindi di non essere sottoposti a giudizio. Nato a Milano nel 1965 ma ora tedesco a tutti gli effetti per cultura e carriera, Ricciarelli affronta l’opera prima dopo aver girato alcuni corti tra il 2004 e il 2014. Alla domanda se la scelta del tema abbia suscitato reazioni da parte di opposizioni politiche o di nostalgici del nazismo, precisa che non si sono avute notizie di proteste o disordini, e che anzi la lavorazione è andata bene, favorita anche dall’aiuto del governo e della città di Francoforte Merita sottolineare che il film ha ottenuto la candidatura per la Germania ai prossimi Premi Oscar, la cui scelta della cinquina finale arriverà proprio il 14 gennaio prossimo, giorno dell’uscita in sala del film in circa 40 copie per Good Films.