Siamo nel 1960: Coppi muore, Berruti vince i cento metri alle olimpiadi di Roma e Anna Ambrogi, ormai diplomata capitano, si aggira per il porto di Lisbona, simbolica frontiera tra la terraferma e l'avvenire, tra l'Europa e i sogni, all'inutile ricerca di un imbarco. Con le gonne o con il berretto fregiato da comandante, di donne a bordo non se ne parla.
SCHEDA FILM
Regia: Wilma Labate
Attori: Francesca Antonelli - Anna/Ambrogio, Roberto Citran - Leo, Paolo Graziosi - Il padre, Fabio Poggiali - Gino Zani, Marco Galli - Stefano, Enrico Brignano - "Cicogna", Luciano Federico - Oreste, Antonello Scarano - Nino, Giovanni Vettorazzo - Corrado, Anita Ekberg - Clarice, Carlos Gomez - Il muto
Soggetto: Sandro Petraglia, Wilma Labate
Sceneggiatura: Sandro Petraglia
Fotografia: Mauro Marchetti, Beppe Maccari
Musiche: Roberto Ciotti
Montaggio: Nino Baragli
Scenografia: Maurizio Leonardi
Costumi: Sergio Ballo
Durata: 90
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: GIUSEPPE GIOVANNINI PER CINELIFE, CON LA COLLABORAZIONE DI ISTITUTO LUCE, ITALNOLEGGIO CINEMATOGRAFICO
Distribuzione: ISTITUTO LUCE, ITALNOLEGGIO CIN.CO (1993) - VIDEO CLUB LUCE
CRITICA
"Un film dignitoso che racconta la storia di una giovane sognatrice, Anna, la quale riesce a realizzare il suo desiderio di viaggiare (eccezionale per l'epoca), partendo veramente su di una nave, come secondo di bordo. Anche se si tratta solo di una vecchia imbarcazione, la tanto desiderata vita sul mare finalmente comincia per la giovane. La prima parte del film è discreta, mentre la seconda (da quando la ragazza si allontana dalla casa familiare) risulta di una lentezza esasperante. L'ambientazione è curata e precisa; l'interpretazione della protagonista, Francesca Antonelli, è discreta." (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 115, 1992)
"Nuocciono alla meccanica del racconto altrove oliata da un'indubbia sensibilità soprattutto la stereotipata rigidezza di alcuni ruoli minori (quei professori troppo professori...) E una contestualizzazione talvolta didascalica e inesorabilmente 'detta'". (Stefano Martina, 'Il Messaggero')